No Man’s Sky è in sviluppo del 2012 ed è disponibile solo da ieri. Quattro anni dopo. Nel mezzo ci sono stati, andando con ordine, la crisi depressiva di Sean Murray, principale ideatore del gioco, un’inondazione che ha quasi distrutto tutto il materiale di lavoro del team di sviluppo, tre presentazioni all’E3 di Los Angeles, una serie di minacce di morte a Murray dopo il rinvio dell’uscita – prevista in origine per il 2015 -, una causa contro Microsoft per l’uso del sostantivo “Sky” nei videogiochi e, giusto qualche giorno fa, la rottura del day one da parte di alcuni rivenditori, che hanno consegnato nelle mani dei giocatori copie prive dei fondamentali aggiornamenti contenuti nella patch del day one. Niente male per uno studio, Hello Games, che fino all’altro ieri aveva sviluppato solo minigames e titoli a bassissimo budget.

Sta di fatto che attorno a No Man’s Sky è cresciuto un buzz mediatico inusuale per il placido laghetto dei videogiocatori. Certo, i nuovi episodi di Halo o l’ennesimo FIFA si guadagnano sempre i loro ragionevoli trafiletti sui quotidiani ma, Nintendo a parte, quando mai era capitato che uno sconosciuto game designer finisse sulle pagine patinate della bibbia fighetta d’America o parlasse a una pletora di giovani con appartamento vista Central Park in quell’apogeo radical chic che è il New Yorker Festival? Esatto, mai. Sean Murray e il suo team sono riusciti a sfondare le sacre colonne d’ercole dell’entertainment con un progetto appena appena ambizioso: costruire l’universo e darci la possibilità di giocarci. Non uno qualsiasi, intendiamoci, proprio l’universo reale con le galassie, i pianeti e, soprattutto, l’infinita vastità dello spazio interstellare.

No Man's Sky screenshot

No Man’s Sky – screenshot

Al contrario di titoli come GTA V o i vari The Elder Scrolls, dove i mondi sono pazientemente cesellati a mano da centinaia di artisti, programmatori e designer, No Man’s Sky declina su scala cosmica i generatori procedurali già sperimentati in più d’un titolo indie. Laddove Rogue Legacy limita il suo algoritmo alle stanze di un castello, Hello Games ha creato talmente tanti pianeti che, anche solo dirne il numero – 18 quintilioni – appare assurdo come provare a calcolare il debito pubblico greco. Completare No Man’s Sky, insomma, sarà impossibile per chiunque: l’universo di gioco è talmente vasto che addirittura gli sviluppatori hanno dovuto creare dellle sonde “virtuali” capaci di esplorare i vari mondi, controllando che tutto funzioni sempre nel modo corretto.

“La sfida tecnologica e il marketing non bastano a spiegare perché No Man’s Sky sia diventato così popolare”

La sfida tecnologica e il marketing, però, non bastano a spiegare perché No Man’s Sky sia diventato così popolare, serve altro, serve un ritorno agli albori del videogioco: così, tracciando una linea ideale che parte da Elite e passa attraverso X – Wing, Wing Commander e Star Citizen si arriva alla creatura di Hello Games, dopotutto Sean Murray è solo l’ultimo designer che, per l’ennesima volta, ci promette un’avventura senza limiti, uno spazio tutto da esplorare e mondi sempre sorprendenti. No Man’s Sky è riuscito a incarnare l’ambizione mai sopita di qualsiasi giocatore, la possibilità di mettersi ai comandi di una nave spaziale senza direzione, senza meta e senza limite alcuni, arrivando la “dove nessun uomo è mai giunto prima”. Ma, come ci insegna il commodoro Parris nei primi minuti di Star Trek Beyond:

“Nello spazio, senza direzione relativa siete solo voi, la vostra nave e il vostro equipaggio, perdersi è più facile di quanto ci si creda.”

No Man's Sky screenshot

No Man’s Sky – screenshot

Le incognite legate alla scommessa di Hello Games sono ancora tantissime, l’algoritmo che crea i pianeti sopravviverà all’esplorazione sfrenata di milioni di utenti? Il gioco ci darà abbastanza motivi per esplorare le pressoché infinite galassie a disposizione? Ci sembrerà davvero di star scoprendo nuovi, strani, mondi o sarà come passeggiare per i desolati mondi di Minecraft? Su Reddit c’è chi sta già dando battaglia, qualcuno dice che il gioco è inferiore alle attese, altri lamentano alcune incongruenze, altri ancora sostengono di aver già finito la trama principale. Solo i prossimi mesi sapranno darci una risposta.

Per quanto ci riguarda passeremo le prossime settimane fra un pianeta e l’altro, cercando di capire se il sogno di Murray vola o finirà per sfracellarsi contro i sordi muri della realtà. In ogni caso noi siamo qui, col casco da astronauta in mano, trepidanti all’idea di esplorare le vastità dello spazio profondo. Non ci capitava da un po’ e, almeno per ora, è una bella sensazione.