Nella recensione di No Man’s Sky lo paragonammo alla Biblioteca di Babele, una struttura infinita, perfetta ma inutile. Oggi, dopo mesi di attese, situazioni al limite del ridicolo e un assordante silenzio da parte dello spesso troppo loquace Sean Murray, Hello Games ha pubblicato il primo aggiornamento del gioco.

Si tratta di una patch abbastanza corposa che aggiunge due nuove modalità di gioco, gli strumenti per costruire un proprio avamposto personalizzato e una serie di altre migliorie che non abbiamo voglia di elencare. Tutto molto bello e gradito se non fosse per un piccolo particolare: noi il gioco l’abbiamo acquistato sei mesi fa.

No Man's Sky Foundation Update screenshot

No Man’s Sky – Foundation Update – screenshot

Il Foundation Update non è un DLC e sarebbe molto ingenuo indulgere nella narrazione degli sviluppatori; per definizione un componente aggiuntivo non va a ritoccare le meccaniche di base del titolo ma si limita a proporre nuovi contenuti ed, eventualmente, a correggere piccoli errori o imperfezioni. Per intenderci: Blood & Wine è un DLC, ci propone lo stesso schema ludico di The Witcher 3: Wild Hunt, ma lo innesta su una regione da esplorare con nuove avventure, personaggi inediti e nemici mai visti.

Sei mesi fa abbiamo finanziato un Kickstarter, con la differenza che ce l’hanno spacciato per un gioco completo

Con No Man’s Sky succede l’esatto contrario, Sean Murray e soci propongono nuove componenti di gameplay su una struttura evidentemente non completa. Dato che a pensar male si fa peccato, ma molto spesso ci si azzecca, la nostra cinica ricostruzione è la seguente: oberati dalle promesse di Murray e dalla scellerata campagna marketing orchestrata da Sony Interactive Entertainment, gli sviluppatori si sono resi conto di non poter completare No Man’s Sky entro i termini previsti. Dopo un paio di rinvii hanno optato per una soluzione drastica, tagliare del contenuto e arrabattare una “versione definitiva” del gioco che rispettasse almeno le aspettative minime.

In agosto Hello Games ci ha proposto poco più di una versione alpha del suo gioco sperando di farla franca; ovviamente la community ha reagito in maniera spropositata e, per questo, Murray e colleghi si sono rimessi al lavoro cercando – per quanto possibile – di aggiungere funzioni e caratteristiche in corso d’opera. In pratica sei mesi fa abbiamo finanziato un Kickstarter, con la differenza che ce l’hanno spacciato per un gioco completo.

No Man's Sky Foundation Update screenshot

No Man’s Sky – Foundation Update – screenshot

Ora, al netto della qualità del Foundation Update, il problema con No Man’s Sky è abbastanza semplice e ha a che fare con il rapporto fra sviluppatori e utenza. Forse con altri tre, quattro, cinque DLC finalmente il gioco di Hello Games somiglierà vagamente alla visione originale di Sean Murray. Dovremo aspettare il 2017? Il 2018? Il ritorno del Grande Cthulhu? Non ci è dato saperlo, dobbiamo avere pazienza e fiducia. Inutile dire che in qualsiasi altro settore un comportamento di questo tipo sarebbe visto come una sonora mancanza di rispetto ma, lo sappiamo, il videogiocatore medio sopporta quasi tutto e non ci stupisce addirittura leggere alcuni colleghi che si beano di non aver punito il gioco in sede di recensione, confidando in futuri aggiornamenti.

La vicenda di No Man’s Sky è emblematica, perché racchiude tutte le storture del gaming moderno: l’hype eccessivo, le dichiarazioni bombastiche di uno sviluppatore un po’ troppo egocentrico, il gioco insoddisfacente e il tentativo di correggere gli errori post mortem. Forse tra qualche mese la fatica di Hello Games finalmente si avvicinerà a quello che gli sviluppatori desideravano, ma ne sarà valsa la pena? Un approccio più onesto allo sviluppo forse avrebbe evitato una serie di psicodrammi esistenziali e, soprattutto, avrebbe reso meno tossico un ambiente già intasato da troppo rumore di fondo. Per tutti questi motivi qui su BadGames non possiamo perdonare No Man’s Sky, né tantomeno essere comprensivi con Hello Games. Tutti gli aggiornamenti del mondo non ci toglieranno dalla testa la sensazione di essere stati presi in giro per tre anni buoni, mentre Sean Murray, come un Peter Molyneux qualsiasi (ma senza il suo curriculum), si faceva bello con gli executive di Sony.

Not in my name, verrebbe da dire.