Ventitré anni fa usciva Fallout, GdR post-apocalittico sviluppato da Interplay, catturando l’attenzione di nutrite fette di giocatori su PC. Un trend confermato l’anno successivo, nel 1998, con il secondo capitolo realizzato da Black Isle Studios. Gran parte del fascino della serie deriva dal concept, ambientato negli Stati Uniti del XXIII secolo distrutti da una guerra atomica contro la Cina comunista. Un’originalità che non risiede tanto nell’olocausto nucleare qui appena accennato, quanto nel fatto che gli Stati Uniti ritratti nel gioco, pur essendo nel futuro, sono culturalmente fermi agli anni post seconda guerra mondiale.

Il giocatore si trova quindi a operare all’interno di un mondo dilaniato dalle radiazioni ma pur sempre iper tecnologico grazie alla diffusione prebellica dell’energia atomica, e allo stesso tempo ancorato alla retorica e all’estetica di fine anni Quaranta. Uno scenario raccontato con cura, tramite una scrittura sopraffina, che attinge a piene mani dalla produzione culturale americana dell’epoca, per reinterpretarne stilemi e simboli e parodizzare l’americanismo di cui è pregno la serie.

È tuttavia col passaggio della serie nelle mani di Bethesda che l’iconica ucronia di Fallout ha rafforzato il suo peso nell’immaginario videoludico. Con la rinascita del brand tramite Fallout 3 nel 2008, la serie esordisce non solo su console, ma con varie e importanti evoluzioni: il gioco abbandona gli sfondi poligonali e la visuale isometrica dei primi capitoli per una grafica 3D con visuale in prima/terza persona. Sono cambiamenti importanti, in quanto consentono una vera e propria immersione nel mondo di gioco. Le porte massicce dei Vault, le illustrazioni e i poster disseminati nella Zona Contamina, il verdognolo e il giallognolo delle radiazioni che deturpano la natura, il Vault Boy: sono tutti elementi penetrati e assimilati nella mente dei giocatori affezionati alla serie.

 

 

Tuttavia su questi elementi c’è ormai poco da dire, per questa ragione il primo appuntamento di Suggestioni Videoludiche intende addentrarsi in versanti all’apparenza secondari, ma non meno importanti. È il caso della città in Fallout, che omaggiano alla loro maniera l’americanismo menzionato poc’anzi, vero elemento caratterizzante della serie. Un viaggio tra metropoli, quindi, che prende come punto di partenza la rinascita del brand, ossia Fallout 3.

Tale viaggio comincia a Washington DC. Non stupisce la scelta di tale ambientazione per Fallout 3, che rappresenta una sorta di reset rivolto ai nuovi giocatori. Questi devono imparare a conoscere che gli Stati Uniti, potenzia mondiale nella realtà, nel gioco è ridotta a una landa contaminata i cui sopravvissuti sono rinchiusi in bunker denominati Vault o organizzati in piccoli avamposti per sopravvivere alle creature mostruose generate dalle radiazioni, e agli uomini che hanno ceduto a saccheggi, tortura e schiavismo.

Assorbire questa informazione ha un certo impatto se lo si fa a Washington DC, simbolo del potere politico americano. In generale, Fallout 3 non punta a una riproduzione fedele della mappa della città (del resto è stata distrutta dall’atomica), ma deturpa i suoi emblemi per ottenere comunque il perfetto grado di immersione. Per cui, accanto ad agglomerati di baracche come Megaton, vi è la zona simbolo di Washington DC, che va dal Lincoln Memorial fino al Capitol.

Vi sono poi altri luoghi rappresentativi della città, come l’Enfant Plaza, la Casa Bianca e il Pentagono. Soffermare lo sguardo sugli edifici, logorati dai danni e dal tempo, trasmette malinconia e incertezza. Basti pensare al prato su cui campeggia l’Obelisco Washington, in passato terreno di manifestazioni che hanno cambiato la storia del mondo occidentale – diritti civili, guerra del Vietnam, ecc -, e adesso terreno di trincea controllato dai Supermutanti. Ne viene fuori un’immagine della potenza statunitense totalmente disintegrata, che rispecchia il senso di paura per il futuro tipico dell’Atomic Age.

 

Fallout città

 

Tuttavia, come preannunciato nell’introduzione, in Fallout l’americanismo non viene semplicemente esaltato, ma spesso anche parodizzato. Esempio esplicativo di questo concetto è la missione “Furto Dichiarazione d’Indipendenza”. Per portarla a termine bisogna raggiungere gli Archivi Nazionali e incontrare Button Gwinnet, o meglio un robot con indosso la classica parrucca settecentesca, convinto di essere il secondo firmatario della Dichiarazione. Nel caso dell’esaltazione dell’americanismo, invece, è interessante notare come ciò che resta del Lincoln Memorial diventi dimora degli schiavi liberi, se si accetta di aiutarli nella missione di Paradise Falls. Sono gli edifici e le storie celate al loro interno che rafforzano la potenza simbolica di Washington DC in Fallout 3.

La Las Vegas di Fallout New Vegas reinterpreta questa filosofia, in quanto la città non è il core centrale della mappa come Washington DC, ma la meta finale del viaggio. Un aspetto interessante se si pensa che lo spin-off targato Obsidian inserisce il racconto post-apocalittico all’interno del genere western, pilastro portante della cultura americana. Lo dimostrano diversi fattori. Innanzitutto, il/la protagonista, che non è più un abitante di un Vault, ma un corriere già avvezzo alla sopravvivenza post-nucleare. E poi, la storia incentrata sulla vendetta, le ambientazioni desertiche, la soundtrack, Goodsprings, il passaggio dei confini tra Nevada, Arizona e California: ognuno di questi elementi è una reinterpretazione dell’immaginario western.

Una volta superati i pericoli del selvaggio Mojave, si possono varcare lo possenti porte di New Vegas, faro ultimo dell’essenza americana. Mentre tutto si piega alle nuove regole generate dall’olocausto nucleare, la celebre Strip lascia intatta la sua natura esagerata, in cui le sfavillanti e colorate insegne celano l’oscurità dei vizi tipicamente umani. Un’apparenza sorprendente e contraddittoria, che è peculiare in Las Vegas, come sottolineato dall’architetto Bob Venturi. Tale essenza sopravvive egregiamente anche in New Vegas.

 

Fallout città

 

Con Fallout 4, la città ritorna al suo ruolo originario. Boston sostituisce Washington DC, passando da una lettura politica a una più storico-patriottica dell’americanismo. La capitale del Massachusetts è infatti simbolo della Rivoluzione d’Indipendenza americana del 1776. E un effetti tutto in Fallout 4 rimanda alle origini della storia americana, con un’esaltazione dei valori come la democrazia (cittadina di Goodneighbour), la prontezza di spirito (i Minutemen), la libertà (i Railroad).

Tra le zone più suggestive della Boston post-apocalittica vi è il Freedom Trail, nel Common Park, percorso turistico in epoca prebellica – nonché nella realtà – per omaggiare la guerra di indipendenza. In Fallout 4 diventa cammino segreto per raggiungere i Railroad. La libertà dalla madrepatria nel concetto originale del Freedom Trail diventa la libertà dallo schiavismo, dato che i Railroad operano per salvare i sintetici dal controllo dell’Istituto. In tal senso, non è secondario il palese riferimento dei Railraod alla rete antischiavista Underground Railroad, attiva nel XIX secolo. Come visto con la Washington DC di Fallout 3, la Boston di Fallout 4 riprende i simboli della città per ridipingere in modo coerente ma originale l’essenza a stelle e strisce.

Fallout 76, essendo in principio un MMO privo di NPC, non ha propriamente una città cardine. Il tema centrale resta comunque il patriottismo legato però più alla cronistoria del mondo di gioco, dato che il Vault 76, da cui parte il titolo, è strettamente legato alla rivoluzione del 1776. Sicuramente la caratterizzazione della sua mappa, molto più estesa rispetto ai suoi predecessori poiché riprende l’area montuosa dell’Appalachia, merita un’analisi a parte, che si discosta dall’intento di questo primo viaggio di Suggestioni Videoludiche.

 

Fallout città

 

Fin qui si evince la cura per la lore del gioco, strettamente connessa all’ambientazione dei singoli capitoli. Nella serie di Fallout vi sono degli elementi ricorrenti, come la Nuka Cola, i robot della Rob. Co., le macchine a reazione nucleare, che rimandano al consumismo e al benessere materialista degli Stati Uniti reali/prebellici. Tutto questo assume un carattere specifico a seconda della città d’ambientazione, per esasperare l’essenza del cultura a stelle e strisce. Ecco quindi come da un elemento di contorno, come può essere lo sfondo cittadino, si vengano a scoprire le reali ambizioni di un’intera serie.