Il Game & Watch di Super Mario e l’insostenibile leggerezza dell’essere boomer

È il 2020 ed è un anno, potreste averlo notato, mediamente orribile.

Fortunatamente (?), manca poco al giorno in cui potremo finalmente girare pagina e iniziare un nuovo capitolo di quel libro chiamato “L’esistenza di tutti”. Sono sicuro che ognuno di noi, innanzitutto, eviterà di leccarsi il dito prima di girare la suddetta pagina (avete presente no? Le norme anticontagio, la pulizia delle superfici, il cercare di non mettere in contatto le mani sporche con le nostre mucose…) e, soprattutto, effettuerà questo rito normalmente accompagnato da allegre crapule di gruppo, con un mood che può oscillare da un esasperato, ma intimamente ottimista, “Riccardo Garrone nel primo Vacanze di Natale” a un più allarmato “soldato Hudson di Aliens – scontro finale”.

 

 

Fra le cose che non ci sentiamo certamente di buttare nel contenitore dell’indifferenziata, letteralmente traboccante di rifiuti, del 2020, ci sono i 35 anni festeggiati da Super Mario, l’icona videoludica per eccellenza della Nintendo e del settore tutto. Sì, Mario in sé è un po’ più “anziano”, è nato nel 1981 e inizialmente neanche si chiamava così: più banalmente, era noto come Jumpman, ma non voglio stare qua a tediarvi con una lista di aneddoti da vecchio nintendaro quale sono, aneddoti che, peraltro, sono di dominio pubblico da tempo immemore. I 35 anni di questo anniversario sono principalmente collegati al primo titolo della serie di Super Mario uscito, appunto, nel 1985, mentre il sassofono di Careless Whisper deliziava gli incontri romantici di mezzo mondo (non i miei, avevo appena 5 anni, c’è un limite anche alla precocità), i Tears for fears ci dicevano che tutti vogliono governare il mondo, in Italia Cossiga veniva eletto presidente mentre in Inghilterra il primo ministro era ancora (e sarebbe stata per lungo tempo) quella Lady di Ferro che recentemente è arrivata su Netflix interpretata da Gillian Anderson.

 

 

Se in questi 35 anni avessi fatto una pila di articoli di giornale prima e di pagine stampate di siti web poi in cui ho letto robe come “i giochi di Super Mario hanno stancato, Nintendo ricicla sé stessa e non reggerà all’impatto delle nuove console” sarei probabilmente stato capace di raggiungere la luna a piedi come in una scena onirica tratta da un film a caso di Michel Gondry. Eppure, quello che a conti fatti è probabilmente l’italoamericano più famoso del mondo, con buona pace di Martin Scorsese, sembra più in forma che mai. Ha un’area tutta sua che doveva essere inaugurata questa estate agli Universal Studios di Osaka (causa COVID è tutto rimandato a febbraio, come ci ha ricordato Miyamoto-san in un recente direct), c’è un lungometraggio animato in arrivo realizzato dalla Illumination di Cattivissimo Me e I Minion e nonostante le console che cambiano, evolvono, mutano così come i gusti stessi dei videogiocatori e le relative mode del settore, lui continua a fare quello che sa fare meglio: divertire e essere una leggenda. Cambiando sempre pelle restando, allo stesso tempo, sempre fedelissimo a sé stesso e a quell’idea di “giocosità” sempre inseguita da Miyamoto e soci. Tanto che a metà novembre, mentre il mondo impazziva per l’arrivo della next-gen, lui poteva tranquillamente permettersi un radicale back-to-basics alla faccia di qualsiasi supporto dell’8k, dei teraflops e delle diavolerie della modernità. Super Mario Bros è tornato contenuto nella confezione 16×9 di un Game & Watch ideato per celebrare il geniale videogioco che ha dato inizio a una marcia trionfale che non accenna a rallentare (in aggiunta al genio di Gunpei Yokoi, ovviamente).

 

 

Un oggettino che per i vecchi videogiocatori magari diventati genitori dagli anni ottanta a oggi è l’equivalente di quelle robe tipo le maddalene proustiane o la ratatouille di Anton Ego, insomma, tutte quelle cose che vengono banalmente impiegate da noi scribacchini quando dobbiamo descrivere “una cosa che ti fa improvvisamente provare emozioni che pensavi di non poter più sentire” e, consci dei nostri limiti, adoperiamo allegorie partorite da gente indiscutibilmente più intelligente di noi. Cosa possa essere per la prole di noi vecchi videogiocatori non lo so con certezza: per quello che vale noto sempre una genuina curiosità delle nuovissime leve verso i “giochi vecchi” perché a 6 anni manca ancora l’ansia da prestazione, non c’è necessariamente attrazione verso il celodurismo tecnologico e si pensa principalmente, o meglio, istintivamente, alla qualità principale di un videogame: quella di divertire. A quanto pare si tratta di una caratteristica notata anche da altra gente a quanto pare.

E il Game & Watch di Super Mario, con tutte le sue inevitabili concessioni alla modernità rispetto agli spartani originali e le sue ovvie limitazioni è qua a ribadire questo.

Mentre tutto il mondo impazzisce in attesa delle patch o dei rimborsi di Cyberpunk 2077.

 

 

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