Negli anni eroici della prima PlayStation Sony, nonostante il successo e i milioni di console vendute era ancora considerata una parvenue dei videogiochi. Certo, aveva strappato a Nintendo un dominio che pareva incrollabile, si era accaparrata gioielli della corona, da Final Fantasy a Castlevania, ma, nel sentire comune dei giocatori la multinazionale del walkman rimaneva ancora un barbaro usurpatore, un male necessario da sopportare senza troppe cerimonie.

Sony offriva tecnologie, modernità, un marketing come non s’era mai visto in un settore all’epoca ancora abbastanza ingenuo ma le mancava qualcosa: una personalità ben definita. Nintendo e SEGA offrivano mondi immaginifici dove strambi idraulici potevano salvare le principesse, o ricci velocissimi riuscivano a diventare più famosi di Topolino. Sony no, Sony era una zaibatsu pure un po’ inquietante, grigia e fredda come la sua prima console. Il marchio Playstation aveva bisogno di essere rassicurante, aveva bisogno di un volto, aveva bisogno di una mascotte, un’icona capace di rivaleggiare con Super Mario e Sonic.

Vasto programma avrebbe detto il generale De Gaulle, forse con qualche ragione, ma correva l’anno 1994, c’era il boom economico e tre giovani professionisti del gaming avevano appena firmato un contratto. I loro nomi erano Andy Gavin, Jason Rubin e Mark Cerny. I primi due volevano assolutamente che il loro piccolo team – chiamato Naughty Dog – potesse sviluppare giochi per la neonata PlayStation, mentre il terzo dirigeva l’allora neonata Universal Interactive (oggi è più noto per essere stato il principale progettista di PlayStation 4). Gavin e Rubin volevano sperimentare l’uso di un motore grafico 3D per un platform ispirato proprio ai grandi capolavori giapponesi, il tutto con come protagonista “un animale tenero, carino, di cui nessuno avesse mai sentito parlare”. Scelsero il bandicoot, un piccolo marsupiale australiano dell’ordine dei peramelemorfi.

Era nato Crash.

Crash Bandicoot screenshot

Crash ieri

Il gioco, intitolato semplicemente Crash Bandicoot vide gli scaffali dei negozi nel 1996, a un anno esatto dal lancio in nordamerica della prima PlayStation. Nel frattempo però qualcosa era cambiato: Super Mario 64 aveva mostrato al mondo cosa fossero i platform tridimensionali, proponendo un Regno dei Funghi liberamente esplorabile, le magie della telecamera mobile e un pad dotato di un’innovativa leva analogica. Chi aveva creduto nel progetto Sony si trovò di colpo spiazzato scoprendo che Crash non poteva muoversi liberamente, che le inquadrature erano fisse e che, tutto sommato, il progetto di Naughty Dog erano parole vecchie con il vestito nuovo, ovvero il classico gameplay dei platform 16 bit rivestito con una luccicante patina poligonale.

Crash Bandicoot era un ottimo gioco, pieno di inventiva, divertente e con una vena ironica molto lontana dalle classiche corde di Mario e Sonic

Fu un peccato perché, al netto degli elementi derivativi, Crash Bandicoot era un ottimo gioco, pieno di inventiva, divertente e con una vena ironica molto lontana dalle classiche corde di Mario e Sonic. Commercialmente il progetto di Naughty Dog fu comunque un successo, ma l’incolpevole onta di essere arrivato dopo Super Mario 64 fece cadere sull’intero progetto una patina di pessimismo. Forse fu per questo motivo che, dopo due sequel gradevoli ma non incredibili e un volgare clone di Mario Kart, al tramonto dell’era PlayStation Naughty Dog decise di non voler avere più nulla a che fare con la sua creatura più famosa.

Dopo aver ceduto i diritti sul personaggio Rubin, Gavin e soci si dedicarono prima a Jak & Daxter, poi, come tutti sappiamo, a Uncharted. Per Crash fu l’inizio di una traversata nel deserto che non è ancora finita, dopo una pletora di sequel, reboot e spin-off durata fino al 2010, il nostro marsupiale sembrava essere finito nel limbo dove giacciono tutte le mascotte che avrebbero potuto essere e non furono, da Spyro a Gex a Croc. A differenza dei suoi poco illustri colleghi però, Crash ha potuto contare sempre su uno stuolo di fan accaniti, disposti pure a perdonare i passi falsi degli ultimi tempi. Dopotutto il gioco di Naughty Dog ha rappresentato per tanti ventenni di oggi la prima iniziazione al mondo del gaming e, nel complesso, alcune idee – pensiamo ai mitologici livelli in fuga dai massi o dalle palle di neve – erano molto innovative per quanto diluite in uno schema di gioco irrimediabilmente superato.

Crash Bandicoot N. Sane Trilogy screenshot

Crash oggi (anzi, l’anno prossimo)

Nel 2017, con l’edizione remastered della trilogia originale, Crash Bandicoot N.Sane Trilogy, il marsupiale tornerà nelle nostre console e, forse, farà scendere una lacrimuccia di nostalgia ai tanti ragazzi, allora bambini, che ritroveranno Aku Aku, le casse e i frutti Wumpa. Per noi un po’ più anzianotti Crash rimane, più modestamente, l’ennesimo clone poco riuscito di Super Mario, forse continueremo a guardarlo con sufficienza nonostante, nel lungo periodo, sia stata Sony a vincere, non Nintendo. Tuttavia non possiamo fare a meno di ricordare, che mentre i “sonari” fingevano di stupirsi con i sentieri preindirizzati di Crash, noi esploravamo ogni centimetro dei prati in free roaming creati da Miyamoto. E ci verrà da sorridere, oggi come allora.