The Medium non è il nuovo Silent Hill | Recensione

Il primo incontro con The Medium è stato fatale, un colpo di fulmine immediato, potente, che non lascia scampo. C’era aria di casa in quel trailer, una netta e riconoscibile reminiscenza dei vecchi Silent Hill, una sensazione confermata dalla partecipazione di Akira Yamaoka, storico compositore della saga horror di Konami.

Più o meno volontariamente, perché è innegabile che effetto nostalgia e tenera irrazionalità dei fan abbiano indirettamente avuto il loro ruolo, si è creata un’eccitante e pericoloso parallelismo con l’apprezzato brand di cui non si sa più nulla ormai da troppi anni.

Complice l’assenza di particolari concorrenti in questo periodo di scarse uscite, una next-gen che ancora non ha ingranato e la tenue aurea di esclusiva, la prima, per Xbox Series X e S, tenue perché il gioco è disponibile anche su PC, la creatura di Bloober Team si è ritrovata sulle spalle responsabilità e attenzioni forse neanche volute, né tantomeno ricercate.

Nonostante il progetto abbia origini insospettabilmente antiche, il concept è nato in epoca PlayStation 3 e Xbox 360, del resto parliamo pur sempre di una software house dalle dimensioni relativamente contenute, che solo recentemente ha saputo dare prova di grande talento con il più che discreto Blair Witch.

L’hype, insomma, era tantissimo e per questo abbiamo vissuto con particolare sofferenza la delusione scaturita dal constatare i limiti strutturali di un prodotto che, a ben vedere, si difende comunque più che degnamente e ha tutte le carte in regola per divertire gli amanti del genere.

The Medium screenshot

Nel corso dell’avventura vi imbatterete in alcuni oggetti che, una volta analizzati, sbloccheranno dialoghi extra, generosi di ulteriori dettagli sulla trama

Sì, perché con The Medium c’è l’assoluta necessità di separare le proprie aspettative personali, da ciò che il gioco realmente offre. Anche per questo, è bene specificarlo subito: non è Silent Hill, né da un punto di vista prettamente qualitativo, né da quello dei contenuti o delle meccaniche tirate in ballo.

Marianne ha la capacità di comunicare con l’aldilà, abilità che utilizza sin da bambina per aiutare l’anima di chi è rimasto intrappolato nel limbo a trascendere, finalmente priva di qualsiasi zavorra che la possa ancorare al mondo dei vivi.

Il suo passato è ovviamente costellato di zone oscure e di misteri, molti dei quali ignoti a lei stessa che, ossessionata da un incubo ricorrente, finirà per cercare risposte in un gigantesco edificio abbandonato, immerso in un bosco.

Ambientato in Polonia, all’inizio degli Anni ’90, il gioco offre un suggestivo spaccato di storia contemporanea. La situazione politica e culturale dello stato europeo si interseca più e più volte con le vicende della protagonista, nonostante l’avventura sia interamente ambientata in un albergo disabitato da anni, evacuato in fretta e furia in seguito ad una misteriosa tragedia in cui hanno perso la vita decine di ospiti della struttura. Sarà compito suo scoprire cosa sia realmente accaduto, scoprendo al contempo qualcosa in più del suo passato.

Le premesse, tutt’altro che originali, hanno il grande pregio di essere introdotte tramite una piccola digressione della trama toccante, emozionante, persino terrificante al punto giusto, un incipit incoraggiante che tuttavia mette già in mostra alcune problematiche strutturali del gioco.

Essendo per lo più un’avventura story driven, per quanto vivacizzata da enigmi e brevi sessioni stealth, come vedremo più nel dettaglio a breve, è inevitabile essere particolarmente critici verso un comparto grafico tutt’altro che eccelso, rifinito, degno di essere ritenuto next-gen.

Alcuni effetti luce impressionano, non c’è dubbio, ma le espressioni del volto, le animazioni in generale, persino lo zoppicante frame rate non rendono affatto giustizia al fiammante hardware della console di punta di Microsoft. Nel mondo post The Last of Us Parte II, del resto, pretendere di raccontare una storia senza raggiungere certi standard, in termini registici e di recitazione digitale, diventa complesso.

Tanto più se non si hanno molti altri punti di forza con cui puntellare la situazione.

Anche in questo caso, il giudizio deve essere interpretato e correttamente recepito. The Medium artisticamente è ben lontano dall’essere un disastro. La trama non approfondisce come dovrebbe certe tematiche, accontentandosi di accennarle per lo più tramite i documenti reperiti nello scenario, ma giunti ai titoli di coda sarete soddisfatti di quanto appena vissuto in prima persona. Marianne è un personaggio credibile, ben scritto, che vive una ben precisa evoluzione nell’arco delle otto ore in cui l’accompagnerete giocando.

Al tempo stesso, concorrono alla riuscita l’ottima colonna sonora, toccante ed ispiratissima, nonché l’art design che si rifà agli inquietanti quadri di Zdzisław Beksiński, pittore che risvegliatosi dal coma ha deciso di dare forma alle visioni, infernali e sinistre, in cui si è ritrovato a vagare durante l’incoscienza.

The Medium, infatti, vi metterà quasi costantemente in contatto con due realtà diverse ma collegate tra loro. La feature è alla base del gameplay proposto da Bloober Team, il meccanismo su cui si fondano tutti gli enigmi che vi ostacoleranno nell’esplorazione della struttura.

Grazie allo split-screen potrete osservare in tempo reale le differenze tra i due piani dell’esistenza, operando di conseguenza per liberarvi la strada, preoccupandovi di recuperare, al di qua o dall’altra parte, oggetti che possono tornare utili nella dimensione opposta. Può capitare inoltre che Marianne viva esperienze extracorporee, immergendosi completamente nel limbo, superando agevolmente muri o altri impedimenti che nell’aldilà non esistono.

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Il contesto storico che sgorga da ogni poro dell’avventura, e che ritrae le complesse condizioni sociali della Polonia degli ‘Anni 90, è una delle caratteristiche più interessanti di The Medium

Il meccanismo, più difficile da spiegare che da provare, si scontra tuttavia contro un grandissimo problema che penalizza l’intera esperienza. Ogni azione è fondamentalmente predeterminata ed è lo stesso gioco ad attivare, e opportunamente disattivare, lo split-screen, il collegamento tra le due dimensioni, non appena la sezione di turno è stata superata con successo.

Ne viene fuori un’avventura guidata, che soffre di un level design assolutamente lineare, privo di guizzi di sorta che non siano un paio di enigmi particolarmente complessi da risolvere. Anche quando sarete braccati da un’oscura presenza, non potrete far altro che nascondervi seguendo un percorso prefissato, limitandovi a scegliere il tempismo migliore per sgattaiolare da un nascondiglio all’altro.

The Medium, insomma, appassiona, ma non lascia il segno; diverte, ma non estasia; si lascia guardare, ma non rappresenta il tanto sperato debutto della grafica next-gen. Gli amanti dei survival horror ne apprezzeranno l’atmosfera e innegabilmente la feature dello split-screen è una trovata a suo modo originale e funzionale.

Purtroppo una trama che non si prende la responsabilità di affrontare certe tematiche con più sfrontatezza e un level design estremamente lineare e scolastico, mortificano le ambizioni di un progetto ben lontano dall’eccellenza anche sotto il profilo tecnico.

Ideale per gli amanti del genere, ma guai ad aspettarsi un seguito spirituale di Silent Hill.

VOTO7
Tipologia di gioco

The Medium è un titolo horror in cui controllerete Marianne, una giovane ragazza in grado di comunicare con l’aldilà

Come è stato giocato

Abbiamo ricevuto un codice per Xbox Series X. Abbiamo completato l’avventura in poco meno di dieci ore