C’è una grande solitudine che attraversa l’Universo Cinematografico Marvel e che ben rispecchia il tormento di superesseri così eccezionali da essere distanti, spesso reietti, e isolati nella loro eccezionalità. 

A Tony Stark sono occorsi tre film e svariate comparsate per trovare un affetto stabile. Captain America è un uomo fuori dal tempo. Tutti i suoi amici sono morti, ha incontrato il vero amore troppo tardi. Il suo senso della giustizia lo rende una “statua della libertà” vivente, moralmente irraggiungibile, ma schiacciato dal dovere. Bruce Banner è un genio, ma il suo alter ego Hulk va tenuto sotto controllo o addirittura allontanato dalla terra. Occhio di falco è stato per lungo tempo uno dei più fortunati: sempre alla ricerca di pace è riuscito a costruirsi una famiglia, salvo vederla spazzata via (sarà questo l’innesco della serie a lui dedicata?).

Poi c’è Wanda. La più sola di tutti. Orfana, cresciuta con il fratello gemello se lo vede morire davanti agli occhi. Straniera in una terra inospitale, spaventata da se stessa trova conforto in un essere unico. Visione: un androide alimentato da poteri cosmici. Un ammasso di circuiti e metalli preziosi potenzialmente infinitamente riproducibile, ma mai uguale. Un pezzo unico dell’armamento militare diventato poco meno di un uomo.

Negli ultimi due episodi di WandaVision toglie il fiato l’isolamento della protagonista. Tanto di più se si considera che mai prima d’ora avevamo potuto vederla al di fuori delle maglie dell’universo condiviso. Ora Wanda non è solo la protagonista della sua serie, ma è anche l’unica artefice del suo stesso show. Quando usciamo però dall’inganno di Westview e vediamo la realtà, viene da pensare all’abbandono subito dalla donna.

Dove è il resto della squadra degli Avengers? Dove sono i protettori della terra capaci di respingere un’invasione aliena, ma incapaci di stare vicini a una collega (amica?) nel momento peggiore della sua vita?

La scelta non è casuale, ma ha un fondamento narrativo ben preciso. La sceneggiatrice Jac Schaeffer ha recentemente detto a Deadline di vedere l’arco della stagione come un percorso di accettazione del dolore.

È sempre stata una storia sul dolore, e l’abbiamo presa seriamente, ed è un po’ riduttivo da dire ma abbiamo usato le fasi dell’accettazione del dolore per organizzare l’arco della stagione. Volevamo condurla verso l’accettazione. È una realizzazione duplice: è l’accettazione di Wanda della cappa da Scarlet Witch e, in secondo luogo, ma forse il più importante, l’accettazione del suo dolore e del fatto che deve lasciare andare Visione e i ragazzi.

wandavision 1x09 la recensione

Nei fumetti Marvel, Wanda è la supereroina costretta a portare il peso di più ferite. Cede, perde il controllo, lascia vincere il suo dolore (House of M) e, infine, lo supera. Nella serie TV gli autori e le attrici hanno fatto un ragionamento simile, arrivando così a decidere di non inserire Mefisto o altri esseri soprannaturali come villain. C’è Agatha, che mette i bastoni tra le ruote a Wanda, ma il vero ostacolo da superare per la protagonista è il proprio conflitto interiore. Il nemico è il dolore. 

Se Wanda non si fosse trasformata in Scarlet Witch (di cui WandaVision è praticamente un’origin story) sarebbe stata definita solo dalla sua perdita. Rinasce invece da se stessa, dalla sua solitudine, costringendo la popolazione di Westview a condividere le sue inquietudini. Si crea poi una famiglia e un rifugio, come espressione psichica dei propri desideri di una vita normale. 

Non ci sono gli Avengers e quel mondo, messo ai margini come pubblicità, come parentesi all’interno della vita ideale. Wanda desidera solamente la pace e la serenità. Non ha ambizioni verso l’esterno, non vuole salvare la realtà, vuole cambiarla. Crede solamente che il suo mondo possa, per una volta, non essere più un aguzzino, ma una madre e un padre. 

Secondo Jac Schaeffer Wanda:

È un personaggio più serio e che talvolta si rinchiude nella propria tristezza e nel lutto. Ovviamente questo è il punto da cui volevamo partire e costruire attorno. Abbiamo visto un’opportunità nella sovrapposizione con le sitcom per portare Wanda e Lizzie (Olsen) a provare queste sfumature di colore, sai, per vederla gioiosa, dispettosa e provocante e così via. 

Una ricerca nella complessità dell’animo umano. WandaVision è per gran parte della sua durata molto più simile a un cartoon Pixar che a un film Marvel. Lontana dal superomismo tradizionale, la serie non trova il suo apice nella sconfitta della tristezza, bensì nell’accettazione della stessa, proprio come Inside-Out insegnava ad accettare la tristezza.

Wanda non è un’eroina comune, anzi, agli occhi di chi la guarda è un villain. Sin da Captain America: Civil War lo sguardo popolare su di lei è fallace (la considerano responsabile di una strage). La sua conoscenza è frammentata agli occhi dell’opinione pubblica. Si sa poco di lei, ma tutti hanno un’opinione personale sul suo agire. Così anche gli spettatori fino all’ottava puntata di Wandavision. In quel momento siamo entrati anche noi nel suo dolore e, retroattivamente, abbiamo trovato una ragione nei suoi gesti. E proprio quando abbiamo conosciuto Wanda, lei è ha fatto un nuovo passo nell’identità di Scarlet.

Non è più vittima della sua tristezza, ma l’ha accolta come compagna di viaggio che ha saputo accettare e usare come motivo per andare avanti.

Fonte: Deadline