Mancano poche ore alla fine del 2017, è tempo degli inevitabili bilanci e noi, come redazione, abbiamo voluto offrirvi un punto di vista generale sulle sorprese o conferme che più ci hanno colpito nell’anno che va a concludersi. Naturalmente nessuno può avere un punto di vista totale su tutto ciò che è andato in onda nel corso dell’anno, quindi ognuno si è espresso qui considerando solo le serie tv che ha visto. In ogni caso, pensiamo di aver offerto un punto di vista abbastanza esauriente sulla tv del 2017. Ma per ogni visione piacevole c’è il suo rovescio, e quindi oltre alle tre serie preferite ognuno ha proposto la sua personale “delusione dell’anno”. Ancora una volta, si tratta di punti di vista personali e soggettivi.

Scrivete le vostre personali serie preferite e le vostre delusioni e… buon anno da Badtv.it!

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Teresa Soldani

The handmaid’s tale, Hulu

Indiscutibilmente la mia preferita del 2017, raffinata e coinvolgente. Una di quelle serie che ti fa digrignare i denti per la frustrazione per i temi che tratta e per il modo in cui li affronta e che ti cattura grazie ad una fotografia eccezionale, per non parlare delle performance di Elisabeth Moss e Alexis Bledel, in particolare. Portata all’accesso, questa serie è una summa perfetta di questo triste anno di scandali che ha colpito Hollywood e della condizione della donna nella nostra società.

Lucifer, Fox

Giunto alla sua terza stagione Lucifer è lo show che rappresenta in pieno la televisione della vecchia guardia, quella destinata prima o poi a scomparire. Ciò nonostante è una serie politicamente scorretta, esilarante e ben scritta, che non manca mai di strapparmi una risata, con un protagonista – rappresentazione del perfetto casting – che domina lo show dal primo all’ultimo minuto, a dimostrazione che anche nel “vecchio” c’è comunque qualcosa di buono.

MINDHUNTER, Netflix

Sono una criminologa, come tale non potevo non citare questa serie di Netflix, con le sue atmosfere rarefatte ed inquietanti, che rappresenta ciò che del mondo del crimine affascina noi tutti: la capacità cioè dell’uomo di raggiungere livelli di crudeltà inconcepibili. Un interrogativo che non solo i protagonisti dello show si pongono, ma al quale cercano anche di dare una risposta, mentre creano un protocollo ed una distinzione per i diversi tipi di serial killer che ancora oggi si studia sui libri.

DELUSIONE: The Defenders, Netflix
So di essere una voce fuori dal coro e non fraintendetemi, io sono una fan sfegatata delle serie di supereroi e simili, non è quindi il genere a disturbarmi, tutt’altro. Per una miniserie di 8 episodi, averne però 4 sostanzialmente inutili mi ha disturbata non poco ed in generale (e con qualche eccezione) trovo che gli show Marvel/Netflix si prendano un po’ troppo sul serio e siano concepiti, e soprattutto promossi, come fossero film d’autore, levando loro quell’elemento di leggerezza che ogni serie che tratti simili argomenti dovrebbe comunque mantenere.

American Gods

Alessia Pelonzi

American Gods, Starz

La bizzarra, affollata fiaba politeista di Neil Gaiman fiorisce grazie all’adattamento di Fuller e Green, che la arricchiscono di dettagli legati a un’estetica barocca e spregiudicata; deviare dal racconto principale si può, purché attraverso tappe coerenti. Nella battaglia tra vecchie e nuove divinità, ravvisiamo lo specchio di un mondo divorato dai suoi nuovi miti, non meno sanguinari di quelli che ne hanno costellato secoli di storia con espansionismo, schiavitù, persecuzione.

Twin Peaks, Showtime

Timori fugati per il revival di tutti i revival. Lynch si sbizzarrisce, impreziosendo la mitologia costruita negli anni ’90 con spunti del tutto nuovi, senza tradire la poetica alla base della propria creatura televisiva diventata cult e concedendosi il lusso di cancellare qualche ridondanza che appesantì la seconda stagione. Spiega più di quanto non appaia a una prima occhiata, questo ritorno a Twin Peaks, pur continuando a schivare il didascalismo; la forza visionaria di Lynch resta immutata, lasciandoci a bocca aperta fino all’ultima inquadratura.

Mr. Robot, USA Network

Nella sua stagione più straniante e coraggiosa, la serie di Sam Esmail ci riporta per mano alle origini: all’origine della congiura del 9 maggio, all’origine della psicotica alienazione dei protagonisti, all’origine delle manovre in cui essi son stati coinvolti dall’alto senza neppure accorgersene. Semina, con rodata sapienza, critiche e vaticini sull’attuale disastro politico (la serie si svolge nel 2015) e ci regala uno degli episodi più belli di sempre, un piano sequenza serrato che prepara il terreno a un eccidio devastante controllato in remoto. E in remoto si sfiorano i personaggi del dramma di Esmail, eternamente divisi tra fame di contatto umano e consapevolezza dell’irrimediabile solitudine degli eroi.

MENZIONE SPECIALE: Stranger Things, Netflix

I fratelli Duffer sanno come tornare alla carica senza restare schiacciati da un esordio di inattesa popolarità. Meno nostalgia per gli anni ’80, più tragedia, tenebra e inquietudine (adolescenziale), in un prosieguo di storia che getta le basi per un ampliamento dell’universo narrato. Protagonisti (ancora) in stato di grazia, e la sorprendente scoperta delle eccelse doti drammatiche di Noah Schnapp, il tormentato Will scampato alla sciagura della prima stagione solo per ritrovarsi ora insidiato da un male orrorifico. Un’anima in subbuglio, il significante diventa significato: non più Will nel caos, ma il caos dentro di lui.

DELUSIONE: Emerald City, NBC

A dispetto di un buon numero di trovate visive accattivanti, la rivisitazione in chiave contemporanea dei romanzi di Baum fallisce miseramente, fiaccata ben presto da una narrazione altalenante e, soprattutto, da una protagonista psicologicamente scialba. Qualche interessante comprimario – su tutti, una conturbante e travagliata Strega dell’Ovest – non basta a defibrillare un cadavere riccamente vestito. Schivando ogni romanticismo nostalgico di sorta, invochiamo a gran voce: aridatece Judy Garland!

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Riccardo Mancini

Big Little Lies, HBO

La miniserie creata da David E. Kelley è vincente in tutto: nel cast, nella regia intelligente di Jean-Marc Vallée e nella sua struttura apparentemente leggera ma che va incontro ad un mondo peccaminoso. Costellata durante i sette episodi da dettagli apparentemente frivoli, Big Little Lies racconta con grazia, e senza mai svelare troppo, quelle piccole grandi bugie che si nascondono dietro a un brutale omicidio, il punto d’incastro perfetto che progressivamente convince lo spettatore a non staccare gli occhi da quelle tre amiche e madri di Monterey.

Claws, TNT

Sfarzosa, pungente, esilarante, demenziale e sopra le righe: Claws è stata la sorpresa di questo 2017. Un cast eccezionale capitanato dalla esuberante e coinvolgente Niecy Nash che dopo aver conquistato il cuore di tutti in Scream Queens nei panni di Denise Hemphill è riuscita ancora una volta a convincere con il suo umorismo sfrontato e una padronanza scenica piuttosto impressionante. Date una chance a una serie che all’apparenza profuma solo di salone di bellezza ma che in realtà nasconde un mondo di odori fantastici e misteriosi.

The Marvelous Mrs. Maisel, Amazon Studios

Il team Sherman-Palladino torna in azione con un gioiello raffinato che vede Rachel Brosnahan nei panni di una casalinga ebrea che vive a New York alla fine degli anni ’50. Interpretazioni sublimi e una messa in scena impeccabile ed evocativa rendono questo progetto pieno di fascino grazie anche a dei dialoghi battenti e sempre persuasivi. Una serie che sa il fatto suo e che con il suo umorismo facilmente conquisterà il cuore di tutti, proprio come un tempo fece Una Mamma per Amica. Basta dare un’occhiata al pilot per capire di che pasta è fatta The Marvelous Mrs. Maisel.

DELUSIONE: The Walking Dead, AMC

Purtroppo quella che un tempo sembrava essere una serie rivoluzionaria è diventata progressivamente la parodia di se stessa. Stagnante e in loop ormai da un paio di stagioni, The Walking Dead quest’anno ha faticato ancora di più a trovare una strada percorribile. Storyline poco convincenti e troppi episodi senza mordente hanno fatto da padrone quest’anno. Ma la speranza è sempre l’ultima a morire e l’auspicio è che la seconda parte dell’ottava stagione possa risollevarsi da questo torpore ormai troppo prolungato.

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Beatrice Pagan

Tredici, Netflix

La serie di Netflix tratta dal romanzo scritto da Jay Asher ha saputo offrire un ritratto senza filtri e molto emozionante della vita degli adolescenti, offrendo anche agli adulti molti spunti su cui riflettere. Katherine Langford è stata una vera rivelazione con la sua interpretazione ricca di sfumature di Hannah e Dylan Minnette ha saputo sostenere una narrazione fin troppo dilatata nel seguire Clay e la sua progressiva scoperta della verità. Era difficile riuscire ad adattare le tematiche trattate tra le pagine inserendole in un contesto sociale profondamente cambiato durante i dieci anni che sono trascorsi dalla pubblicazione del libro, tuttavia il team di sceneggiatori ha saputo ampliare e modificare con bravura i giusti elementi.

The Leftovers, HBO

La serie con protagonisti Justin Theroux e Carrie Coon, che hanno regalato due interpretazioni assolutamente memorabili, ha dimostrato ancora una volta il suo altissimo livello tecnico e artistico affrontando il tema della fede, in ogni sua declinazione, in modo originale e sorprendente. La serie della HBO, senza mai voler dare una risposta alle tante domande suscitate dai misteri inseriti nella trama, ha saputo parlare dell’animo umano come pochi altri progetti, non solo per il piccolo schermo, hanno saputo fare.

Twin Peaks, Showtime

Mantenere le attese dei fedeli fan, che hanno atteso oltre venti anni prima di rivedere sullo schermo l’agente Cooper e Laura Palmer, era un’impresa al limite dell’impossibile. David Lynch e Mark Frost ci sono però riusciti ricreando un mondo fatto di misteri e un’atmosfera senza paragoni, sfruttando in particolare nel migliore dei modi la bravura di Kyle MacLachlan, messo realmente alla prova nelle puntate inedite.

DELUSIONE: Girlboss, Netflix

La serie ispirata alla storia vera di Sophia Amoruso sembrava sulla carta un progetto in grado di divertire e offrire un approccio diverso al mondo delle donne in carriera, potendo inoltre contare su un cast di talento. Il risultato è invece stato confuso, discontinuo e deludente, dando vita a uno dei flop più grandi delle produzioni Netflix.

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Raffaele Caporaso

Preacher, AMC

Dopo una prima stagione fatta di luci e ombre, quest’anno Preacher ha definitivamente spiccato il volo. Rivelatosi fallace il tentativo di distaccarsi dalla fonte originale – la meravigliosa serie a fumetti di Garth Ennis e Steve Dillon – gli autori hanno impostato la seconda stagione dello show in maniera più fedele al fumetto, non disdegnando però un preciso e funzionale lavoro di adattamento. Il risultato è stato spettacolare: la versione per il piccolo schermo di Preacher sta riuscendo in tutto ciò in cui il fumetto aveva avuto successo negli anni Novanta, narrando una storia romantica, epica, dissacrante e iconoclasta. L’aver fatto incazzare l’associazione One Million Moms è stata poi la ciliegina sulla torta.

Better Call Saul, AMC

Ammettiamolo: dopo aver visto la sei stagioni di Breaking Bad, dopo quel finale così meraviglioso che ci mostrava la chiusura del cerchio per Walter e Jesse, nessuno voleva davvero saperne di Better Call Saul. Anni e tre stagioni dopo, ci siamo affezionati senza troppe difficoltà a questo show, che, tra i tanti, ha il grande merito di aver dimostrato a tutti come si possa narrare una storia spin-off profondamente diversa da quella originale, senza stravolgerne i toni e le atmosfere. Evidentemente libero dalle pressioni derivanti dalle tante aspettative che Breaking Bad aveva generato, con Better Call Saul Vince Gillian sta proponendo uno show sempre più virtuoso, molto personale e soprattutto scritto e spesso diretto con egregia maestria.

Peaky Blinders, BBC TWO

Presentata come la storia vera di una famiglia di gangster nell’Inghilterra degli anni Venti del XX secolo, nel tempo, Peaky Blinders è diventato qualcosa di più, trasformandosi in una vera e propria soap-opera crime, in cui il verismo storico lascia fisiologicamente spazio a vicissitudini sempre più estreme e surreali. La progressiva e roboante escalation delle gesta di Thomas Shelby e famiglia raggiunge le sue vette più alte – sinora – in questa quarta stagione dello show, recentemente andata in onda su BBC Two e proposta da poche ore nel catalogo Netflix. Una raccomandazione: crederete a quello che vedrete, specie nel finale di stagione, e la naturale sospensione dell’incredulità che questo show è in grado di generare nello spettatore, la dice lunga sulla bontà qualitativa dello stesso.

DELUSIONE: Inhumans, ABC

Certo, è troppo facile “gettar giù dalla torre” Inhumans come peggior serie TV del 2017, tanto che si è portati a chiedersi se il nostro non sia una certa forma di accanimento. Ma la risposta è no: Inhumans è oggettivamente il più grande fallimento dei Marvel Studios sin dalla loro nascita a oggi, e rappresenta uno show ignobile in molti dei suoi aspetti essenziali. Il progetto era originariamente stato annunciato come lungometraggio, salvo poi essere ridimensionato a serie TV, prodotta in pompa magna, con tanto di première nelle sale cinematografiche IMAX americane. Il flop è stato inesorabile quanto meritato: Inhumans è uno show concepito male, un figlio mai davvero desiderato, nato storpio e ucciso per pietà. Resta un’occasione sprecata, visto il grande potenziale di questi personaggi, creati da Stan Lee e Jack Kirby, che paiono definitivamente “bruciati” in senso crossmediale.

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Simone Novarese

The Crown, Netflix

La prima stagione della serie di Peter Morgan era un prodotto raffinatissimo, praticamente perfetto. L’ottima notizia è che questa stagione è ancora migliore. Dieci episodi che somigliano ad altrettanti film condensati in un’ora. Tale è la densità di scrittura, tematiche, approfondimento psicologico messo in gioco dalla serie di Netflix. Una lezione sul potere, sulla politica, sul senso della storia attraverso chi la fa e chi la subisce, e la sorpresa nello scoprire che, in questo caso, si tratta delle stesse persone.

Twin Peaks, Showtime

Il capolavoro di David Lynch lungo 25 anni può essere analizzato, sviscerato, discusso in tutte le sue più piccole componenti. Ma in conclusione non rimane altro da fare che arrendersi senza mezze misure alla visione straordinaria di un maestro del cinema e della televisione. Abbiamo amato e ammirato immensamente questo sequel-revival che ha reso l’estate del 2017 indimenticabile. Eppure, forse, la reale portata di ciò che abbiamo seguito per diciotto episodi ci rimarrà preclusa per molto tempo. Un sogno a occhi aperti destinato a sguardi futuri, più ingenui e innocenti. E magari ci sarà anche il nostro tra quegli sguardi, quando torneremo ancora una volta a riassaporare lo squisito caffè di Twin Peaks.

Legion, FX

Se da un lato Logan al cinema ha concluso idealmente un cerchio nel genere dei supereroi, al tempo stesso la serie di FX, sempre ambientata nel mondo degli X-Men, ha provato ad aprirne un altro. Probabilmente troppo estrema per generare un filone di per sé, ma la serie di Noah Hawley ha dimostrato di possedere da subito un’identità fortissima. Le invenzioni visive e narrative si sono susseguite per tutta la stagione, spingendosi tra surrealismo e horror psicologico. Una delle migliori rivelazioni dell’anno.

DELUSIONE: The Mist, Spike

Considerato che, nel delirio generale, a un certo punto compariranno anche i quattro cavalieri dell’Apocalisse, ha senso definire The Mist come una tragedia di proporzioni bibliche. Un adattamento da Stephen King fuori dal tempo, in cui la logica e il buon senso sono state le vere vittime. Una serie rumorosa e respingente, che si è mossa come un elefante in una cristalleria gettando nel calderone personaggi folli, sacrifici umani, violenze fisiche e drammi urlati, ma mai davvero sinceri.

Alessandra Pellegriti non ha potuto contribuire alla classifica perché è in maternità.