Il 23 maggio del 2010 andava in onda il finale di Lost scrivendo, o meglio chiudendo, una pagina della storia della televisione. Controverso fino al midollo, costosissimo (per produrlo ci vollero 15 milioni di dollari, una cifra stratosferica per l’epoca), e lungo due ore e mezza, l’epilogo della serie fu l’evento audiovisivo dell’anno.

Le ultime battute di Lost sono il momento cardine della nuova serialità moderna, nel bene e nel male. Sono un punto di non ritorno, un’ombra che accompagna inevitabilmente le aspettative e i timori degli sceneggiatori. Un evento mondiale, che le varie emittenti hanno cercato di riprodurre per la prima volta il più possibile in contemporanea, e che portava con sé un’attesa mai vista sul piccolo schermo.

Rivoluzionario fu anche il modo in cui venne concepito. In un’epoca in cui le serie televisive si fermavano solo quando gli ascolti non permettevano più di generare profitti, Damon Lindelof e il co-showrunner Carlton Cuse spinsero l’emittente ABC, sin dalla terza stagione, a pianificare una “data di scadenza” di Lost.

Per una storia così incentrata sul mistero era essenziale avere un momento chiaro entro cui tirare le fila. La formula “due domande per ogni risposta” non poteva protrarsi all’infinito. Chiudere le tante trame aperte e dare una spiegazione soddisfacente che potesse superare le fantasiose teorie dei fan, non era però un compito semplice. Gli sceneggiatori avevano in mente sin dalla prima stagione dove sarebbero andati a parare, ma i dettagli erano ancora nebulosi.

L’idea dell’isola come un “tappo” che contiene le forze che governano il mondo era nei piani sin dall’inizio. Se ne trova traccia anche nella “bibbia” della serie. Ma erano i singoli misteri, a cui il pubblico si era affezionato, a dover trovare una chiusura plausibile.

Il team di sceneggiatori era consapevole di non potere dare un finale soddisfacente semplicemente risolvendo e spiegando i misteri. Decidono quindi di risolverli poco a poco durante le ultime stagioni, quasi in maniera impercettibile. Puntano tutto su una chiusura interamente incentrata sui personaggi e dall’alto contenuto emotivo. Lasciando indietro gli orsi polari, gli intrighi numerici, per dare spazio allo show-down finale e ai saluti.

Tutti i misteri sono in realtà risolti, ama spesso dire Lindelof nelle interviste sostenendo che non c’è nemmeno un interrogativo che non abbia una risposta. Lo sceneggiatore invita chi si lamenta del finale, a trovarne uno ancora irrisolto. È chiaro però che, anche una volta arrivati i titoli di coda, anche con tutti i misteri risolti, la serie chiede del lavoro di interpretazione agli spettatori. Ed è forse questo che ha garantito la sopravvivenza della serie negli anni a venire.

Mantenere il segreto del finale di Lost

Quella che oggi è la prassi per le grandi produzioni, all’epoca di Lost era un fatto insolito. Il fandom di internet (vero valore aggiunto per l’esperienza della serie) conduceva una caccia allo spoiler con un’intensità mai vista prima.

Per preservare la segretezza la sceneggiatura venne stampata su carta rossa, rendendone impossibile la duplicazione. Gli attori si stupirono di ricevere una copia editata, che conteneva solo le loro battute. Di stagione in stagione i livelli di segretezza aumentavano. Jorge Garcia (che interpreta Hugo) fu costretto a cambiare la casella di posta perché il lucchetto non era sufficientemente sicuro. Henry Ian Cusick, che nella serie presta il volto a Desmond, si lamentò con gli sceneggiatori di non riuscire a fare il proprio lavoro: con lo script editato non era in grado di capire cosa stesse accadendo al suo personaggio. Una lamentela che oggi, con i livelli di paranoia e segretezza impostati dalla Marvel, fa quasi sorridere.

Vi abbiamo già parlato di come la produzione ha attutito il rischio di leak per la scena finale nella chiesa. Ancora prima di Avengers: Endgame l’ABC aveva finto di girare un matrimonio per sviare l’attenzione dei paparazzi.

Leggi: Avengers: Endgame e l’espediente anti-spoiler del finto matrimonio? Lost lo aveva già fatto

Momenti emozionanti sul set

La realtà incontra la finzione. Proprio come negli ultimi istanti di Lost, la scena della chiesa è stata l’ultimo momento insieme del cast. Le testimonianze dei diretti interessati raccontano di un clima sereno, tra commozione ed emozione. 

Qui possiamo vedere un toccante ricordo del clima sul set quando, durante una pausa, il cast si è concesso un momento di leggerezza.

 

 

Le immagini che vediamo con i saluti e gli abbracci sono dettate solo in piccola parte dalle esigenze di trama. Il cast era veramente felice di rivedersi e di condividere quell’ultimo momento del lungo cammino.

Anche per gli sceneggiatori consegnare l’ultima sceneggiatura assunse un senso di liberazione, ma anche di addio a quello che sapevano sarebbe stato un punto cardine della loro carriera. Barry Jossen, all’epoca capo degli ABC Studios, chiese a Lindelof di modificare un dialogo di commiato tra Jack e il padre per avere maggiore chiarezza sulla sorte dei due. Quando gli fece la richiesta lo sceneggiatore rispose di essere sul punto di piangere, talmente era sfinito e pronto ad andare avanti. Non è chiaro se il dialogo venne poi effettivamente modificato, è probabile che sia andata così, date le continue modifiche e riscritture che hanno accompagnato l’ultima stesura.

Certo, gli sceneggiatori ammettono le difficoltà nello scrivere le battute finali. Lindelof, in particolare, si è sempre detto pieno di rimpianti. In particolare per certi momenti in cui si calca troppo la mano sulla solennità del momento e sulla spiritualità della chiesa che stride un po’ con il tono generale di Lost.

lost-purgatorio finale

La post produzione di Lost

Come spesso accade con queste produzioni seriali immense, con 16 (talvolta di più) episodi da 50 minuti, tutto è fatto di corsa. Il compositore Michael Giacchino mediamente aveva a disposizione tre giorni per comporre e orchestrare la musica che veniva registrata il quarto giorno. Le due parti del finale hanno una durata maggiore degli episodi ordinari, aumentando così i minuti di colonna sonora da scrivere.

Le ultime fasi di post produzione però furono molto emotive per tutti. Nella sala di montaggio molte persone guardavano le scene con commozione. Ed è forse proprio quest’emozione ad avere prodotto l’idea di aggiungere un’ultima inquadratura sul finale. Un’immagine statica dell’isola con i rottami del volo Oceanic 815. Una “coda” che non ha aiutato a chiarire le idee agli spettatori, ma che, secondo le loro intenzioni, sarebbe servita ad accompagnare le emozioni verso la prima pubblicità dopo lo show.

Un’immagine di transizione, vissuta però come l’ennesima easter egg. Molti hanno creduto che fosse la conferma della teoria secondo cui tutti i personaggi sono in realtà morti per tutto il tempo. Così non è, dice con fermezza Lindelof da anni, ma per uno show basato sui misteri e gli indizi sibillini, non c’è spiegazione ufficiale che possa soddisfare l’appetito degli appassionati. Nemmeno dopo 11 anni.

Fonte: Vulture