Ora che WandaVision ha raggiunto il suo epilogo è più chiaro quali siano le intenzioni della Marvel per il futuro. Con una conclusione molto incentrata sulle dinamiche tra i personaggi e ben poco integrata nell’universo più ampio (quanti camei mancati), la serie si è fatta superare a destra delle teorie e le speculazioni del pubblico.

Quello che sarebbe stato un problema per qualsiasi casa di produzione, ovvero deludere le aspettative stratosferiche, per la Marvel diventa un modo di stupire ancora una volta. Ha fatto più notizia un Doctor Strange assente di quello che avrebbe causato una sua eventuale comparsa nella scena post credit.

La frenesia dell’aggiungere continuamente elementi che rilanciano la posta in gioco si è fermata. L’MCU ritorna ai fondamentali. E lo fa piano, prendendosi tutto il tempo necessario, con il doppio obiettivo di rafforzare quello che è stato e rilanciare ciò che verrà.

Per Kevin Feige la divisione in fasi non è una questione da poco. Sebbene inizialmente sembrassero più un pretesto per organizzare i nuovi inizi e dare degli “entry point” comodi per il nuovo pubblico, abbiamo presto capito che sono molto di più. Le tre fasi hanno un valore strutturale: la prima è l’origine, il prologo delle vicende, la seconda la crisi e l’inizio dell’intreccio, la terza è l’incontro e il confronto con le proprie contraddizioni. È il momento del compimento del viaggio dell’eroe.

La serie WandaVision, che apre la fase quattro, è forse stata fraintesa sin dall’inizio da tutte le teorie. Si credeva fosse un punto cardine delle trame future, era invece l’origin story di Scarlet Witch. Si speculava che fosse un pezzo interconnesso con i film futuri (addirittura con i Fantastici Quattro), e invece era una parentesi nella frenesia della continuità. WandaVision ci dice tanto della fase quattro della Marvel, ma non quello che ci aspettiamo. Promette che sarà una nuova fase uno, con una grande differenza: conosciamo già molti dei suoi protagonisti.

Non stupisce allora che Avengers: Age of Ultron abbia trovato una nuova vita proprio grazie messa in onda alla serie tv. Un film complesso, sicuramente imperfetto (ne abbiamo parlato approfonditamente qui), ma che si è posto come baricentro di moltissime altre avventure. Un film incompleto, che guadagna non uno, ma svariati strati di lettura proprio grazie a WandaVision. È incredibile, ad esempio, come il momento del reveal di Scarlet Witch sembri pensato sin da quel film.

wandavision coercizione

I Marvel Studios avevano così tanto da raccontare, così tanto universo da espandere, che lungo il cammino hanno perso qualche pezzo. Dopo Age of Ultron era chiaro che non avrebbero potuto trattare tutti i supereroi come hanno fatto con i 3 fondatori (Iron Man, Captain America, Thor). 

Si sente molto dire che il grande merito della Marvel degli inizi sia stato quello di sapere fare film con 6 protagonisti “superstar”, dando a tutti il proprio momento di gloria. La vera intuizione è stata invece saper scegliere i propri protagonisti e saper come relegare a comprimari figure ingombranti proprio come Visione e Wanda. Fu una scelta obbligata, dettata dal bisogno di arrivare alla guerra dell’infinito prima dello scadere dei contratti (o della disaffezione del pubblico). Fu una scelta vincente, ma anche un rimpianto.

Ora finalmente hanno la possibilità di sistemare, di fare ordine, di focalizzare l’attenzione non sul quadro generale ma sui dettagli. Non è un’operazione di retro continuity, nemmeno un “restauro”. Se si vedesse l’MCU come un grande mosaico potremmo dire che Kevin Feige sta cercando di dare valore anche alle pietre meno brillanti affiancandone altre preziosissime.

WandaVision, nella sua durata fiume – rispetto ai film – ha evidenziato tanti pregi e qualche difetto della filosofia di queste produzioni. Basta guardare il meglio delle puntate 8 e 9 e le debolezze delle stesse. Quando l’azione viene pompata al massimo fatica a trovare tratti originali. Tutto ormai sembra già visto, infinitamente riproposto canonicamente nelle coordinate del genere. Quando invece si zooma sui piccoli momenti ordinari, dentro alla follia di una cittadina straordinaria, la qualità produttiva diventa emozione.

Con le trame segrete, le sceneggiature consegnate a blocchi, il bisogno di correre spediti in un paio d’ore di film, hanno spesso costretto gli attori a dare il meglio con il poco a disposizione. WandaVision invece dà un senso al casting di un attore come Paul Bettany e spinge al massimo le capacità di Elizabeth Olsen. I due sono lasciati liberi di duettare, di dare spessore tramite le sfumature della loro interpretazione e non solo attraverso gli eventi imposti dal copione.

Avengers: Age of Ultron era uno sguardo alla vallata dalla cima di una montagna. WandaVision è il lento sentiero scosceso percorso per raggiungerla. Le riflessioni meta televisive, il gioco sul linguaggio, l’aspetto fiabesco alla mago di oz e la sottile inquietudine di cui è permeata la serie, sono subordinate alle performance. Non è un caso che l’accento sokoviano sia così rilevante (notevole il lavoro sulla voce della Olsen). E nemmeno lo è il fatto che i due attori abbiano dovuto confrontarsi con un pubblico dal vivo nella prima puntata, o con le rotture della quarta parete e uno stile diverso ad ogni episodio.

La fase 4 della Marvel promette quindi di non essere la fase “3 + 1”, intesa come un semplice seguito. Sembra che sarà invece una fase “1 x 4”, ovvero un periodo di assestamento 4 volte più vasto e ambizioso del precedente, in cui giocare con il materiale a disposizione, costruire i personaggi e imparare un nuovo linguaggio per il genere di sempre.

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