WandaVision recensione 1×08

Esaurita la scorsa settimana la parte centrale della storia, WandaVision entra nell’atto risolutivo della vicenda. Per farlo, la serie Marvel Studios mette da parte – per sempre probabilmente – gli elementi ricorrenti che hanno caratterizzato la messa in scena fino ad ora. In un episodio più avaro di easter egg rispetto ai precedenti, e in cui lo stile da sit-com è azzerato, la scrittura si affida allora ad un flusso di ricordi. Non più il “Visione” di Wanda, ma “la visione” di Wanda, intesa come il complesso di shock e morti violente che hanno segnato ogni affetto della protagonista. Tenuta per mano da Agatha Harkness, diabolico “fantasma dei traumi passati”, Wanda si immerge nelle ferite della propria vita. Risultato è una nuova narrazione delle origini da cui emerge con una nuova identità.

Dal punto di vista della scrittura, questo è l’inevitabile episodio spiegone di WandaVision, ma sarebbe riduttivo limitarlo a ciò. Il cuore della puntata non è meccanico, ma emotivo. Non si tratta di scoprire come è nata la bolla di Westview o come tutto è partito o il perché del gimmick delle sitcom, ma di sostenere quelle risposte con un retroscena emotivo valido. E la puntata ci riesce. Per farlo elimina qualunque altra sottotrama inutile, e imbastisce l’intero episodio sui motivi che hanno portato Wanda ad essere quel che è e a prendere certe decisioni. L’episodio della morte dei genitori in Sokovia, appena narrato in Age of Ultron, qui ha tutt’altro impatto, così come gli esperimenti dell’Hydra.

L’universo Marvel da sempre tende a saltare del tutto il racconto dell’innamoramento nei suoi film. Le relazioni sono già assunte come situazioni di partenza di nuovi film, e lo stesso accade per le separazioni. Al più può esserci una tensione sessuale inespressa, ma decisamente non era il caso di Wanda e Visione. Questo episodio di WandaVision, con una sola scena ben scritta, costruisce a posteriori il senso di quell’innamoramento, ci dice che non solo era possibile, ma era davvero naturale per due persone così sole anche se in modi così diversi. Ma non è l’unico lavoro di riscrittura, in una puntata che di fatto fa una retcon dell’origine di Wanda. Non una semplice persona mutata dalla Gemma, ma una persona speciale di per sé i cui poteri sono stati attivati dalla pietra.

Qualcosa di più vicino, insomma, allo scenario stregonesco che Agatha Harkness porta con sé. C’è una scena iniziale a Salem che definire essenziale sarebbe poco, ma che in realtà basta a coprire i vuoti sul passato del personaggio. Kathryn Hahn probabilmente si è divertita tantissimo a interpretare questo ruolo, e nel solo gesto di asciugarsi una lacrima finta riesce a raccontarci molto di sé. Quanto alle sue motivazioni, vediamo che Wanda è decisamente importante. Qualche settimana fa la serie ci aveva ricordato che il personaggio non aveva un classico nome da supereroe, come a ricordarci che Scarlet Witch come definizione non esisteva nella serie. Ora sì, è Agatha a battezzarla in questo modo. A proposito di Elizabeth Olsen, sarebbe molto banale – per quanto giusto – definirla intensa, ma la vera riuscita sta nel modo in cui riesce a incarnare al tempo stesso fragilità emotiva e forza.

Scena post-credits affidata alla SWORD e all’introduzione di una nuova versione di Visione, in bianco. Probabilmente è un episodio più intimo e meno scoppiettante rispetto alle attese. Niente grandiose scene d’azione, niente apparizioni eccellenti né riferimenti al multiverso, ma era l’episodio necessario a questo punto. In attesa del gran finale di WandaVision della prossima settimana.

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