STAR TREK: PICARD 1X09, LA RECENSIONE

Fermiamoci un attimo, rilassiamo la mascella, facciamo un bel respiro e diciamolo: WOW! In Picard sta finalmente succedendo tutto, i nodi stanno venendo al pettine e le rivelazioni, be’, rivelate. E che rivelazioni! Il rischio di aver costruito otto episodi di mistero e tensione è sempre il solito: risposte non all’altezza dell’aspettativa, e decisamente meno interessanti delle domande. Ecco, Et in Arcadia Ego ride in faccia a questi dubbi con un’accelerata – anche in termini di spettacolo visivo – che ci porterà, tra una settimana, dritti verso una serie di inevitabili conclusioni, alcune delle quali potrebbero rivelarsi ben più radicali di quello che ci si aspettava da questa serie.

Cos’è successo di così clamoroso? Quello che aspettiamo dal primo episodio: Soji è tornata a casa, su quello che abbiamo deciso di ribattezzare “pianeta dei Data”, e con lei tutti gli altri pezzi della scacchiera: qualcuno è già lì con lei, qualcuno è in arrivo, molti non si trovano dove pensavano che si sarebbero trovati a questo punto. L’ormai famigerata Ammonizione non ha deluso, come non l’ha fatto conoscere per la prima volta di persona un nome che il fandom di The Next Generation ha sentito ripetere centinaia di volte. C’è qui e là la sensazione che qualche parentesi sia stata chiusa un po’ di fretta per concentrarsi sul climax, ma di fronte alla visione di una serie di orchidee giganti che inghiottono astronavi si può anche chiudere un occhio sugli inciampi.

Cosa rimane quindi da dire su Picard che non possa aspettare la seconda parte di Et in Arcadia Ego? Potremmo prenderci un attimo per lodare tutti i membri del cast che non sono Patrick Stewart, il quale, ora che ci avviciniamo alla fine, si è definitivamente preso sulle spalle il peso della serie (in collaborazione con Isa Briones, sempre più clamorosa). A tutti gli altri non rimane che guardare e fare da supporto, soprattutto se, come sembra, Picard si dimostrerà una sorta di giro d’onore per l’ammiragio Jean-Luc. Ora prepariamoci a trattenere il fiato per altri sette giorni, prima dell’ultimo tuffo.

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