STAR TREK: PICARD 1X08, LA RECENSIONE

Finalmente! Dopo tante domande e tanti misteri è arrivato il tempo delle prime risposte per Star Trek: Picard – e che risposte! Affrontatele con cautela perché scoprirle potrebbe farvi perdere la testa.

È con questo abbrivio lovecraftiano che si apre A pezzi, ottavo episodio di Picard e il primo, vero punto di non ritorno di questa stagione. Incidentalmente, lo dimostra l’agio con cui la piccola ciurma della Sirena si muove all’unisono quando è al ponte di comando della nave: non c’è più bisogno di stabilire rapporti di forza o relazioni, ormai giocano tutti a carte scoperte anche alla faccia delle peggiori conseguenze. È arrivato il momento del rush finale, non appena ci saremo ripresi dalla mole di informazioni che A pezzi ci ha rovesciato addosso.

Finalmente sappiamo esattamente il perché dell’esistenza di una setta segreta di assassine romulane dedite allo sterminio di ogni forma di vita sintetica nella galassia: la risposta contiene un po’ di Battlestar Galactica e una più umana e comprensibile paura della singolarità tecnologica, e mischia religione, profezie e scienza con l’eleganza che solo Star Trek può permettersi. E sappiamo anche cosa ci aspetta ora che siamo arrivati sul pianeta natale di Soji e di tutte le figlie di Data: ci aspettiamo un’enorme quantità di cloni nei prossimi episodi, non sorprendente visto quanto la serie ha dimostrato di amarli in tutte le loro forme (si vedano gli ologrammi del capitano Rios, centrali in questo episodio).

Sappiamo anche che l’intera galassia che conta sta convergendo verso il pianeta con otto soli: la Sirena è appena arrivata, la flotta romulana sta arrivando, all’ultimo secondo è rispuntato pure Narek e, ah sì, c’è un cubo Borg riattivato guidato da Seven of Nine e da un ninja che probabilmente comincerà a vagare in quella direzione. Alcuni sprazzi di A pezzi, che per il resto è un episodio curiosamente statico e costruito quasi interamente su dialoghi, epifanie e agnizioni, accennano alla promessa, l’ennesima, di grandi guerre stellari e grandi sequenze spettacolari da qui alla fine della stagione. Le attendiamo con il fiato sospeso, accontentandoci nel frattempo delle acrobazie di un romulano con la katana.

Il vero, grande dubbio che rimane, e che non vediamo l’ora di capire come verrà risolto, è: come si esce da questa situazione? La narrazione finora ci ha portato a pensare ai synth come “i buoni” e ai romulani come “i cattivi”, ma la scoperta dell’intera verità non può non costringerci a farci la stessa domanda che il capitano Rios pone a Picard: e se avessero ragione i romulani? Un indizio su come andrà lo butta lì proprio Picard in persona, che finalmente riconosce qualcosa su cui i fan di Star Trek si interrogano dall’inizio della stagione: Starfleet non è più Starfleet, ha tradito se stessa e deve ritrovarsi.

Difficile pensare che tutto questo si risolva con un ribaltamento di prospettiva e con i synth dipinti come i cattivi, ma se questo fosse un episodio di Star Trek e non un’intera stagione saremmo a un passo da quel momento in cui ci viene svelata la terza via, la più inaspettata e, in ultima analisi, quella migliore. E allora, come al solito, aspettiamo con fiducia.

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