In Un uomo da marciapiede (Midnight Cowboy) un giovane texano decide di attraversare l’America per prostituirsi in cerca di fortuna. Incontrerà solo una umanità vorace, che lo assorbe, lo deruba e lo violenta. Joe Buck (Jon Voight) dà tutto per il sogno americano, si  concede alle luci delle insegne che, talvolta, sono solo un richiamo astratto per i viaggiatori. Isolate nell’inquadratura come simboli pagani, sono le sirene di un paese che, di notte, asseconda le sue pulsioni più disperate.

Un uomo da marciapiede fu nel 1969 un impressionante opera di ribellione, figlia della controcultura e di un cinema che ribolliva di voci nuovi e nuovi stili. Vinse il premio come miglior film agli Academy Award del 1970. Ancora oggi è l’unico premio assegnato ad un’opera con rating X (l’attuale NC-17) ovvero il divieto ai minori di 18. La pellicola di John Schlesinger era considerata alla stregua di un film pornografico, proprio per i suoi contenuti duri e scomodi.

Non che ci sia nulla di eccessivamente esplicito in Un uomo da marciapiede, ma furono le ferite che andava ad aprire a destare lo scandalo. Fu uno dei primi film a raccontare l’omosessualità. Non condannava, non difendeva, semplicemente osservava la vita dei giovani dell’epoca senza nascondere le imperanti discriminazioni, anche le più subdole. In una scena, ad esempio, il protagonista sfinito e affamato non riesce a concludere il rapporto sessuale. La donna, che prova pietà di lui, prima lo coccola, poi lo provoca alludendo ad una sua omosessualità. L’uomo, offeso e colto nel vivo, si riprende e finisce l’atto.

Quello che inizia come una tragica dimostrazione del fallimento dei sogni di gloria, dei soldi “facili” (che poi facili non sono, come dirà Joe: è più semplice fare soldi con un lavoro all’aperto che prostituendosi) si tramuta in altro. Superata la prima metà, il viaggio di Joe Buck diventa quello di Enrico Salvatore Rizzo (Dustin Hoffman), un reietto che vive ai margini guadagnandosi da vivere con piccoli furti e inganni.

Everybody’s Talkin di Harry Nilsson accompagna la discesa negli inferi della povertà più schiacciante: quella di denaro, ma anche di mezzi per uscire dalla buca che si fa sempre più profonda. Un uomo da marciapiede è un adattamento dell’omonima opera letteraria di James Leo Herlihy, ispirata dalla stretta amicizia dello scrittore con Tennessee Williams. 

Negli Stati Uniti si è tornati a parlare di Un uomo da marciapiede grazie ad un libro di prossima uscita (16 marzo) scritto dal giornalista vincitore del premio Pulitzer Glenn Frankel. Il titolo è eloquente: Shooting Midnight Cowboy: Art, Sex, Loneliness, Liberation, and the Making of a Dark Classic.

L’hollywood Reporter ha fatto un ampio racconto di come il film è stato recepito agli Oscar dell’epoca, proprio grazie alle testimonianze raccolte nel volume. 

Nonostante le sette candidature, in pochi erano disposti a scommettere su un qualcosa di così scandaloso. La tensione prima della cerimonia era alta per delle proteste scoppiate poco distanti. Un gruppo di messicani americani chiedeva una rappresentazione più degna sul grande schermo.

All’interno del teatro invece Gregory Peck invitava a riflettere sulle conseguenze della nuova libertà del cinema: le immagini vanno censurate e contenute? In questo clima il regista John Schlesinger non credeva di avere molte possibilità e non si presentò alla cerimonia. 

Bob Hope fece da padrone per parte della serata, concedendosi una sequenza di battute di stampo omofobo. Qualche esempio: “che anno che è stato per i film! Avreste mai pensato di vedere Richard Burton interpretare sia un re che una regina?”. Il riferimento è alla performance dell’attore in Anna dei mille giorni e un barbiere gay in Quei due. E ancora: “questa passerà alla storia come la stagione di cinema che ha provato che il crimine non paga ma si può trovare fortuna con l’adulterio, l’incesto e l’omosessualità”.

Il principale favorito della serata era Butch Cassidy and the Sundance Kid con Paul Newman e Robert Redford. Un western romantico contro un dramma attuale. Al box office Butch Cassidy aveva trionfato dominando l’annata. Riuscì a strappare il maggior numero di Oscar, senza agguantare il premio più ambito.

La campagna promozionale per Un uomo da marciapiede venne portata avanti con un budget esiguo, ma con grande efficacia. Produssero diverse grafiche con le immagini del film e continuarono a proporle, ogni giorno una diversa, per tutta la campagna. Facevano un grande affidamento alla forza intrinseca del film, all’impatto che aveva su chi lo guardava. 

John Wayne, prevedibilmente, trionfò al posto di Voight come miglior attore protagonista, grazie al suo ruolo ne Il grinta. In un’intervista rilasciata successivamente Wayne parlò di Un uomo da marciapiede come di “un film perverso, la storia di due fr*ci” anche se “Hoffman e Voight sono stati bravi”.

Elizabeth Taylor fu visibilmente stupita dal dovere annunciare la vittoria come Miglior Film. Secondo il produttore Jerome Hellman: “sembrava che non sapesse di cosa si trattasse, chi fossi io e come fossimo finiti lì”.

Un uomo da marciapiede arrivò ad Hollywood come una meteora, lasciando un segno profondo. Ribaltò i pronostici della dei premi più importanti, ma soprattutto contribuì a un nuovo cinema. Riuscì a dare un colpo ulteriore alla crisi di quell’identità rassicurante che come una calda coperta il cinema americano si portava appresso da anni.

Fonte:  Hollywood Reporter