Gli effetti speciali sono dai tempi di Meliés una delle principali attrazioni del cinema. Effetto magico, funambolico, che genera stupore e meraviglia, non è mai tramontato. Anzi, di anno in anno la corsa all’effetto più sorprendente ha fatto lievitare budget e ambizioni. Negli anni ’90 iniziò a diffondersi la computer grafica (Computer Generated Imagery, CGI), inizialmente considerata la panacea di tutti i mali (economici). Si pensava infatti che, grazie al computer, si potessero appianare i costi di realizzazione di film spettacolari. Creare un alieno digitale aveva, potenzialmente, lo stesso costo di creare un animale al computer. La spesa non era più legata al cosa, ma al come.

In realtà non fu così: il crescente bisogno di potenza di calcolo, di ore di disegno 3D, di forza lavoro umana, resero la computer grafica una delle voci più esose dei budget di produzione. E, soprattutto, si è capito in poco tempo che gli effetti visivi digitali rendevano evidenti i loro difetti in un minor tempo rispetto agli effetti speciali pratici.

ET, per fare un esempio, è invecchiato molto meglio del ben più recente Dobby.

Eppure il cinema ha dato talvolta prova di sapersi destreggiare al meglio con l’uso di questa tecnologia raggiungendo dei livelli che spesso possono essere definiti come perfetti. Vi proponiamo quindi di seguito sette momenti in cui, a nostro avviso, la computer grafica ha raggiunto la perfezione (ma ne abbiamo volutamente esclusi almeno altri cinque).

Il T-rex di Jurassic Park

Nel 1993 Steven Spielberg arrivava al cinema con questa scena perfetta: Jurassic Park. La computer grafica, all’epoca ancora tecnologia acerba, si integra senza sbavature nella composizione dell’immagine. Animatronic ed effetti digitali interagiscono per ingannare l’occhio. Le luci rimbalzano sulle superfici con realismo. I movimenti sono naturali e fluidi, eccezion fatta per qualche imperfezione del motion blur. Ma non solo: l’intera costruzione della tensione della scena dà forza al momento della rivelazione della meraviglia giurassica. Lo spettatore è così coinvolto da non percepire neanche lontanamente il personaggio come falso. Dopo il crescendo emotivo che ha appena vissuto vuole sentirlo vivo, e la mente inganna l’occhio.

Thanos

Computer grafica

La resa grafica di Thanos raggiunge la perfezione in Infinity War, un po’meno in Endgame. La differenza viene soprattutto dal tempo di realizzazione degli effetti visivi e dalla presenza di numerosi primi piani del personaggio nel primo film della saga del Guanto dell’Infinito. In Infinity War il villain, interpretato in motion capture da Josh Brolin, viene illuminato da moltissime luci, posto in scenari visivamente molto più complessi di quelli di Endgame. Eppure è sempre realistico e credibile. La pelle sul suo volto, rocciosa e porosa, si adatta elasticamente ai movimenti di una struttura fisica che sembra realmente fatta di muscoli e ossa. I dettagli sono impressionanti, dai piccoli accenni di pori sulla pelle alle vene che si gonfiano sotto sforzo, tutto contribuisce a dare l’impressione di realtà. Un pregio ancora maggiore? Dopo pochi secondi sullo schermo si smette di pensare agli effetti digitali; il personaggio smette subito di sembrare una meraviglia fatta di poligoni e appare vero, autentico, presente e credibile. Se si considerano poi i passi in avanti fatti rispetto alla sua prima apparizione sullo schermo, il risultato è impressionante.

Davy Jones

Computer grafica

Un esempio di effetti visivi avanti anni luce rispetto alla tecnologia dell’epoca. Ma come è stato possibile questo trionfo della saga di Pirati dei Caraibi? Il primo tocco innovativo è stato quello di capire che ai personaggi digitali serve anche un grande attore che comandi le loro emozioni: Bill Nighy in questo caso. La seconda scelta della ILM fu quella di portare l’attore sul set reale, non in uno creato con il green screen e composto poi con il resto della scena. I riferimenti delle luci e delle ombre sono stati quindi molto più chiari e precisi per il direttore della fotografia e quello degli effetti speciali. Gli occhi del personaggio sono quelli dell’attore. È tramite lo scambio di sguardi che percepiamo la vita e all’epoca la tecnologia non era ancora in grado di proporre occhi realistici. Mantenerli veri, e quindi vivi, ha aiutato molto nell’immersione dei primi piani.

Gollum

CGI

Un lavoro pionieristico sulla motion Capture, un personaggio che scompare dietro l’artificio e appare vivo, reale, tangibile. La performance di Andy Serkis nel Signore degli Anelli ha sconvolto l’industria del cinema. Tanto che, per lungo tempo, si profetizzò la fine dell’attore tradizionale sostituito da quello in CGI. Così non fu, ovviamente, ma per la prima volta si capì che un personaggio in CGI poteva tenere testa agli attori in carne ed ossa. Tutto, ovviamente, fu portato all’estremo con…

Cesare

Ancora Serkis, questa volta alle prese con forme, peli e movenze a noi note. Se è difficile ricreare un essere inesistente è ancora più complesso simulare quella leggera deviazione dal reale che è una scimmia intelligente. In particolare il realismo del manto, le sfumature della peluria e i diversi comportamenti sulla base delle condizioni atmosferiche lasciano tutt’ora a bocca aperta.

Rachel

Il doppio digitale di Rachel in Blade Runner 2049 è, ad oggi, il migliore esempio di come si possa ringiovanire un performer attraverso referenze visive. Non solo è quasi impossibile percepire l’artificiosità del digitale, ma il momento nel film è anche emotivamente potentissimo. La realizzazione fu complessa e curata. Gli artisti della computer grafica partirono dai fotogrammi di Blade Runner e ne crearono un doppio digitale. Quando fu impossibile riconoscere l’autentico dalla copia passarono alla fase successiva. L’attrice Sean Young era realmente sul set, così da potere avere un riferimento fotografico per il rapporto con la luce e l’ambiente. Lo scheletro digitale, basato sulla referenza di Brad Runner, venne inserito nel modello digitale dell’attrice con il corpo di oggi. A partire da questo confronto venne creato il modello in computer grafica. È semplice creare un fotogramma realistico, ma è molto più complesso animare in maniera credibile. Blade Runner 2049 riesce a fare entrambe le cose a livelli altissimi.

Paddington

Computer graphic

Un esempio marginale, spesso poco considerato. Forse perché più che sulla precisione grafica l’orsetto Paddington vive di una storia irresistibile, di una caratterizzazione da Oscar, e di un grandissimo cuore. Fatto sta che pochi come Paddington riescono a sembrare così vivi, tangibili, nonostante la loro essenza (quasi) immateriale. Le difficoltà poste dal personaggio erano molte: dall’insolita altezza, al pelo, alle molte interazioni con gli umani. Tutte brillantemente superate senza dimenticare l’aspetto più cartoonesco, stilizzato ed espressivo del protagonista. 

Quali sono secondo voi i migliori esempi di uso della computer grafica per i film? Fatecelo sapere nei commenti