Romulus, ovvero come non suicidarsi nell’attesa di Jeeg 2 cioè… ancora frustrati per non aver visto la prima saga spaghetti cinecomic firmata Gabriele Mainetti dopo il trionfo dello splendido Lo Chiamavano Jeeg Robot (2015) la cui ultima sequenza chiamava espressamente un sequel per non dire saga cinema o tv? Tranquilli… ci ha pensato Matteo Rovere.

Il Primo Universo

E dire che Il Primo Re (2019), film proto-latino (come fosse l’elfico sottotitolato de Il Signore Degli Anelli già citato da Rovere come riferimento per il dialetto imolese in Veloce Come Il Vento) ambientato nell’VIII secolo A.C. in cui Romolo e Remo viaggiavano per i boschi laziali inseguiti dai guerrieri di Alba Longa, non aveva fatto il botto al box office. Poco più di 2 milioni di euro di incasso (tre milioni secchi sotto Jeeg) ma, come riportava l’articolo di Matteo Tosini, ottime vendite estere dagli Stati Uniti all’Australia. Che il mito fondativo della città di Roma, così vicino al fantasy de Il Trono di Spade per la scarsezza di fonti storiche oltre Tito Livio, avesse maturato un desiderio nel pubblico del mondo di rivederci correre per i boschi con spade e corpi virilmente denutriti? Probabilmente sì come ci confermò lo stesso Rovere nella videointerivsta casalinga di inizio 2019 in cui utilizzò l’espressione “hot” per definire come veniva percepito certo cinema italiano all’estero anche grazie all’esplosione di star come Alessandro Borghi, il quale ottiene il ruolo dentro la serie internazionale Diavoli (2020) accanto a Patrick Dempsey proprio grazie all’isolamento divistico de Il Primo Re rispetto alla buona prova collettiva di Suburra film nel 2015. C’è da aggiungere che rispetto alle 7 statuette vinte da Jeeg ci furono anche meno risultati ai David di Donatello dove nel maggio scorso 2020 il quarto film di Matteo Rovere aveva vinto “solo” Fotografia per la luce iper-naturalistica in formato anamorfico di Daniele Ciprì, Produzione (che non è il corrispettivo di Miglior Film vinto nell’ultima edizione da Il Traditore di Marco Bellocchio) e Suono. Eppure, dopo aver trasformato già Smetto Quando Voglio in trilogia con l’ottimo Sibilia, ecco il romano Matteo Rovere cercare e ottenere ancora il mondo o meglio universo narrativo con una serie prequel e una raccolta di romanzi collegati allo show tv.

Ma cosa racconterà Romulus?

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A piedi nudi nel bosco

Dei calzari a dire il vero esistono ma l’assenza di pareti, che aveva reso il primo film incredibilmente destabilizzante, è ancora presente? Sarà ancora tutto al freddo? In balia degli elementi? Senza muri che contengano nostri sfoghi, confessioni e dolori (le scene in un luogo chiuso del primo film si contano sulle dita di una mano monca) e mura che delimitino le città (anche Alba Longa sembrava così esposta e spoglia)? Matteo Rovere è un regista molto affascinante perché in più di un’occasione sembra leggermente autolesionista. Il corpo di quel progetto era l’epica, con chiari punti di riferimento di natura attitudinale a Il Trono Di Spade, ma l’anima era un film d’autore assai concettuale più che epidermico con il proto-latino sussurrato, su due fratelli estremamente sensibili, il ricordo di una madre potentissima (flashback appena abbozzati e non a svelamento alla Leone di C’era una volta il West come nella bella serie La regina degli scacchi) e l’idea che la parte più ferina del nostro essere potesse, anzi dovesse, essere inglobata dall’altro attraverso un’uccisione declinata come giusto sacrificio a favore del futuro imperialismo romano. Wow. Quella che nei banchi di scuola ci veniva raccontata come la faida tra due maschi in preda all’ego per Rovere diventava un delicato e quindi straziante rito di cannibalismo diciamo costruttivo. Romolo (Alessandro Lapice), che era sembrato essere Remo (Alessandro Borghi) fin dalle prime immagini, era stato obbligato dal fratello a ucciderlo per poter accogliere in sé la sua ferocia. Piuttosto originale come ideuzza ma qualcuno storse la bocca perché si aspettava qualcosa di più avventuroso-violento e meno sacrificale-filosofico. Quel che è stato è stato ma allora la domanda che ora ci appassiona è: cambierà questo tono con la serie?

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Proto-star

Borghi è diventato una superstar e ha lasciato il racconto perché moriva alla fine del film. Alessandro Lapice è il futuro quindi in questa serie prequel, che riprende il nome del suo personaggio del film 2019, ovviamente non lo vedremo o forse al massimo lo vedremo neonato. Ci sarà una nuova coppia su cui declinare il gioco dell’osmosi cannibalistica? Forse sì, forse no. Sappiamo che Andrea Arcangeli (Yemos, Principe di Alba) e Francesco Di Napoli (Wiros, schiavo di Velia), pur non essendo fratelli, avranno varie avventure insieme in cui impareranno a conoscersi e a collaborare provenendo da due classi sociali diametralmente opposte. Poi avremo re usurpatori, piogge benedette, intrighi di potere, il gioco ambiguo tra magia vera o presunta e vendette familiari.
Ma soprattutto…

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Prime Regine

Le signore del cast artistico venivano fuori benissimo ne Il Primo Re sia per quanto riguarda Tania Garribba nei panni di Satnei la Vestale che Marzia Pellegrino come la fumantina Velia che, dulcis in fundo, la Ramtha di Nina Fotaras. Romulus aumenta il concetto perché se andiamo indietro nel tempo rispetto alla timeline de Il Primo Re potremo trovare due origini, due modelli, due figure femminili completamente diverse se non nel loro ruolo di genitrici del leader maschile del futuro. Da una parte la ferinità lupesca, tra fantasy e bestialità selvatica, dall’altra il dramma d’amore che diventa emancipazione all’interno del ruolo sociale e familiare. Romulus dunque può avere anche la desinenza maschile nel titolo ma probabilmente finiremo la serie pensando solo ed esclusivamente a… Mamma Roma.

Trovate tutte le informazioni su Romulus, le cui prime due puntate andranno in onda questa sera su Sky, nella nostra scheda.