I migliori film che abbiamo visto a febbraio 2021

Molto di quello che vediamo e raccontiamo con una recensione si perde. Alcune volte sono i film piccoli a non ricevere l’attenzione che meriterebbero, altre volte sono i migliori. Abbiamo così deciso di fare un piccolo riassunto ogni mese del meglio tra ciò che abbiamo visto. Senza distinzioni. Film usciti in sala, usciti in noleggio, usciti su una piattaforma in streaming come anche quelli visti ai festival e che non sono ancora usciti.

L’idea è quella di ricapitolare tutte le nostre segnalazioni scremando verso l’alto solo quello che pensiamo non vada perso, non debba sfuggire e meriti una visione. Ci saranno i film più noti e pubblicizzati come anche, con una certa preferenza, quelli che meno noti e dotati di una cassa di risonanza meno forte, che quando lo meritano hanno più bisogno di un riflettore su di sé per farsi notare.

Ecco quindi la nostra lista:

Notizie dal mondo Tom Hanks

Notizie dal mondo

Notizie dal mondo è un grande film, nonostante la scrittura. Lo rende tale Paul Greengrass (che poi è anche co-sceneggiatore) solitamente portatore di tutto un altro stile utile a tutte altre storie ma qui sembra che non abbia mai diretto altro che western classici. Sa dosare benissimo i tempi (cosa che in realtà fa in ogni film, solo mai con questa calma) e creare un’atmosfera dal passo giusto, una storia che è un piacere stare a guardare. Sa puntare su Hanks capendo come noi che lui è la chiave di tutto. Sa fare cinema classico.”.

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all my friends are dead

All My Friends Are Dead

“Una delle più piacevoli idiozie che siano uscite in questi mesi su Netflix. Visivamente molto curato ma scritto immaginando uno spettatore distratto e dallo stesso quoziente intellettivo dei protagonisti, uno a cui spiegare sempre tutto e proporre personaggi così carichi e netti che non possa mai avere dei dubbi sulla valutazione da dare, più il minutaggio avanza più si fa amare per come sappia unire una stimabile idiozia ad un punto di vista godereccio sul tema noto della festa di ragazzi arrapati che finisce male”.

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collective
Collective

“Bisogna dirlo forte che Collective è un documentario, perché vedendolo è facile dimenticarlo. Non solo la presenza dell’obiettivo nei momenti clou è solitamente riservato ai film di finzione ma anche il lento svelarsi di un complotto gigante ricorda il noir losangelino in stile Chinatown, quello che parte da una questione piccola e poi svela implicazioni sempre più grosse in un mondo marcio.
Un finale in linea con il noir poi chiude la partita di questa cronaca di fatti realissimi realizzata con fortuna, abilità e conoscenza della lingua del cinema per somigliare ad un film di finzione e dire così molto più dei soli eventi. Mentre scava nei fatti, Collective inevitabilmente scava negli animi, suscita domande politiche ma ancora di più domande umane”.

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Gli Spacciati

Gli Spacciati

“Esordio registico di Julien Hollande, Gli Spacciati è una storia – ovviamente – di spaccio che tra esagerazioni di ogni tipo, personaggi e situazioni improbabili, travestimenti carnevaleschi (letteralmente, un personaggio a un certo punto si veste da tartaruga ninja) e la dimostrazione di una sessualità animalesca, legge con divertente ironia e un coraggioso spirito demenziale la miseria delle periferie parigine. Prendendo in giro gli stereotipi del gangster film, del poliziesco e del buddy movie, Gli Spacciati è un pazzoide esperimento di rimescolamento dei generi che diverte e convince proprio per il suo non prendersi neanche un attimo sul serio”.

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la mappa delle piccole cose perfette

La mappa delle piccole cose perfette

“In La mappa delle piccole cose perfette l’equilibrio narrativo viene raggiunto e tira avanti la storia pur non avendo una struttura o una motivazione dei personaggi forte come quella del film di Max Barbakow. Anzi, a volte durante la visione di La mappa delle piccole cose perfette ci si chiede proprio come faccia il film a non perdersi nei suoi stessi estetismi romanticheggianti. Eppure, riesce a far sorridere senza nauseare per la sua dolcezza. Ecco allora che il semplice osservare la natura, un gesto altruista o una piccola meraviglia del quotidiano acquisiscono una dimensione fantastica, evocativa. Quasi commovente”.

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i care a lot Rosamund Pike

I care a lot

“Tra egoismo e cupidigia, la parabola di Marla è quella di una self-made woman che fa sfociare nel crimine le premesse del grande sogno americano. Per intenderci, la retorica per cui se sei abbastanza determinato ed egoista diventerai qualcuno (ovvero farai un sacco di soldi). Se questa retorica trita e ritrita del mondo diviso in prede e predatori, qui affermata a grandi lettere dalla voce narrante iniziale, annoia e anche un po’ stomaca, in questo senso la novità di I care a lot sta nella coraggiosa svolta al negativo del women power. Quelle messe in scena da I care a lot sono infatti donne estremamente spietate, che fanno paura sì per la loro determinazione ma soprattutto perché sono, banalmente, al limite della sociopatia. Nel rappresentare un modello di autoaffermazione aggressiva (appunto predatoriale), J Blakeson ribalta il quadro di riferimento per portare l’empowerment a un inedito livello di amoralità. Fregandosene, finalmente, del buonismo”.

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