Come mai Hollywood fatica ad adattare i film e le storie giapponesi?

Come mai continuano a nascere insuccessi come Ghost in the Shell o Alita, nonostante le buone intenzioni? Hanno provato a rispondere a questa domanda Yuma Terada and Ryosuke Saegusa, i due produttori esecutivi di Bullet Train, il nuovo film di David Leitch con Brad Pitt intervistati dall’Hollywood Reporter.

L’idea del film nasce dal romanzo giapponese di grandissimo successo intitolato Maria Beetle, e scritto da Kotaro Isaka.

Come noto, il tema della trasposizione di un’opera in un altro contesto culturale è di una notevole complessità.

Più volte i produttori americani sono stati accusati di appropriazione culturale e di whitewashing. Uno dei casi più eclatanti è stato il flop, di pubblico e di critica, rappresentato da Ghost in the Shell. È andato meglio Pokémon: Detective Pikachu, ma decisamente non bene con Death Note. Persino Sonic – Il film ha dovuto mobilitare i fan in difesa del personaggio, causando un rinvio della release e portando a un nuovo design. Insomma, sembra che adattare delle proprietà intellettuali molto popolari appartenenti a una cultura (e ad un mercato) così distante dia inevitabilmente dei grattacapi allo “Studios System” statunitense.

 

Transformers

Ma qual è la ragione di questo infausto trend?

C’è un’importante considerazione da fare, quando si osservano le mosse delle major sul territorio giapponese. L’approccio straniero, nonostante stiano aumentando gli adattamenti, è comunque sempre molto cauto. Come sottolineato da Yuma Terada, l’abilità di Hollywood nello scoprire contenuti è estremamente limitata alle proprietà di maggiore successo: Pokémon, Transformers, Power Rangers, Ghost in the Shell,  versioni cinematografiche con successi alterni, sono franchise ben noti e molto amati negli U.S.A. Un discorso diverso è invece l’adattamento di storie poco conosciute fuori dai confini. È il caso di Maria Beetle, il cui adattamento nel film Bullet Train ha richiesto una buona dose di flessibilità nella trasposizione della storia.

Le fattezze occidentali e americanissime del protagonista, Brad Pitt, non sono un problema secondo Saegusa. Già nel caso di Ghost in the Shell infatti le polemiche per il whitewashing erano originate negli Stati Uniti, e lì si erano scaldate molto più che in Giappone.

Il produttore, pur essendo ovviamente contro ogni forma di discriminazione, ha argomentato sul “non problema” dell’aspetto. Per lui esiste infatti una radicale separazione tra il romanzo e il film. Li considera non solo due media diversi, ma persino due storie distanti tra loro. Da questo punto di vista, per lui, non vi è alcun ostacolo nel declinare un racconto in più culture e forme d’arte.

 

Ghost in the Shell Pokemon

Problema di rappresentanza

Sebbene i due produttori considerino Edge of Tomorrow – Senza domani una delle trasposizioni più riuscite, è innegabile che per moltissimi altri progetti arrivati in sala ci sia un problema qualitativo e di rispetto della fonte originale. Secondo Terada la ragione è da ritrovarsi nell’organizzazione produttiva:

Uno dei possibili motivi è che Hollywood è interessata solo alle proprietà intellettuali e non agli autori che l’hanno creata. Quando Hollywood compra i diritti dei prodotti giapponesi, raramente invita gli autori a sviluppare insieme il progetto. Certamente anche noi abbiamo sviluppato contratti basati sulle proprietà intellettuali, ma vedo delle grandi potenzialità in questo secondo modello. Abbiamo recentemente siglato un accordo con uno studio hollywoodiano per il quale Kazushige Abe, un autore poco noto fuori dal Giappone, è pagato per scrivere un pilot originale per la Tv americana (intitolato Sentimental Journey). L’Executive responsabile del progetto ha visto un’opportunità di acquisire una nuova voce nello storytelling a cui altri studios non hanno accesso. La natura non convenzionale dell’accordo prevede sfide non convenzionali, ma siamo stati in grado di cercare, strutturare e chiudere quello che è un accordo rivoluzionario.

Accordi complessi

Una delle maggiori difficoltà incontrate dagli executive di Hollywood per siglare gli accordi commerciali per property meno note viene dal sistema di gestione degli autori giapponesi. In America ogni autore è rappresentato da manager o da agenti che discutono, per suo conto, degli accordi potenziali. In Giappone manca questa struttura di rappresentanza che, se non rappresenta un ostacolo nelle contrattazioni interne, è invece un impedimento verso l’esterno. Come ha spiegato Terada gli accordi precedenti, basati su proprietà ben conosciute e amate dal pubblico, sono nati su impulso dell’industria statunitense. I compratori di Hollywood si accorgono di potenziali sfruttamenti e contattano i detentori di diritti. Raramente accade l’inverso: ovvero che un autore giapponese esporti la propria opera contrattando e sottoponendo la propria storia all’interesse di potenziali compratori. Questo perché nessuno, nel mercato interno, rappresenta le proprietà e gli autori come potenziali venditori. 

Un problema strutturale

C’è anche un problema strutturale: la catena dei diritti è infatti molto diversa tra i due stati. I compratori americani contattano le emittenti o gli studios giapponesi, nella convinzione che questi detengano gli accordi di sfruttamento. Così non è: raramente in Giappone queste compagnie dispongono di diritti unilaterali. I diritti di pubblicazione delle opere di un autore non sono affidati in blocco a un solo player, ma è consuetudine che più editori pubblichino opere diverse dello stesso autore. Per tradurre un romanzo bisogna quindi entrare in contatto con una molteplicità di case editrici differenti. A capo di tutto ciò vi è l’autore, che deve approvare gli accordi ma che, molto spesso, è difficile da raggiungere proprio perché sotto rappresentato. La cosa si complica ulteriormente nel caso degli universi condivisi di un autore, dove i personaggi appaiono in più storie diverse e dove quindi i diritti sono ulteriormente scissi.

Due mercati molto diversi quindi, che negli anni hanno faticato ad interagire con profitto, approdando spesso affianchi adattamenti carichi di polemiche. Lo scenario è destinato a cambiare, soprattutto alla luce di un rinnovato interesse verso le culture orientali, anche grazie alle piattaforme di streaming. Due mondi che si guardano quindi, e che potrebbero riservare grandi sorprese in futuro.

Fonte: Hollywood Reporter